martedì 2 ottobre 2012

prima di andare nel lettone

Cercando di vincere Morfeo, pensavo a Putin.
E non perchè quest'astro della democrazia mi stimoli l'adrenalina, quanto piuttosto ho avuto un'epifania di quelle che grattano i precordi e fan emergere la nostalgia di casa.
Pensavo al lettone di Putin. Ogni volta che mi ci imbatto, leggo il lèttone.Guardo il mio ampio letto teutone, e mi immagino un cicisbeo baltoslavo che  presta i suoi servigi a Berlusconi.  E la scena con la D'addario diventa ancora più raccapricciante.
Così mi sarà da monito, quando in tedesco per dissertare sull'afa dimentico la ü e finisco per lamentarmi dei gay (schwül / Schwule). E a Berlino l'equivoco potrebbe fare terra bruciata delle mie relazioni sociali.
Del resto da piccola mi ostinavo a volere il pandoro della Baùli, e alle superiori i miei professori del Regno delle Due Sicilie mi han sempre fatto credere che la tripartizione dei poteri fosse un'idea di Monstequiè e che il pathos dello Sturmmeunddranghe fosse opera di Gòte.
Il mio lettone mi fa l'occhiolino e penso che se stessi scrivendo in francese, mi toccherebbe traslitterare Poutine: già mi vedo energumeni del KGB tascinarmi in cella per aver dato della Minetti all'augusto presidente.
Mi converrà ricorrere a scongiuri transfrontiera: toccherò legno e ferro, in mancanza degli attributi che nella mia città sono l'emblema del Colleoni (e fate chiedere ad una tedesca in fregola turistica, "scusi, dove sono i colioni da toccare per la fortuna?")

Nessun commento:

Posta un commento