mercoledì 13 febbraio 2013

Germanizzandomi?


“Ti va di guardare Tatort?” Prima o poi, come temevo, la domanda sarebbe arrivata. Puntuale ed implacabile, lo scotto (fra gli altri) da pagare quando la (dolce?) metà è crucca. Tatort (o “Scena del delitto”) per me era sempre rimasto una leggenda, un rito cui si sottopongono amici e colleghi ogni domenica. Un po’ come per me, quando rientro, la polenta d’inverno con Linea Verde o la pizza col tenente Colombo in versione estiva. Dal 1970 i germanofoni di Teteschia, Svizzera ed Austria, ogni domenica alle 20.15, possono seguire le avventure di svariati team polizieschi. I canali dei tre Paesi ci si sintonizzano ed ogni settimana propongono un episodio ora da Stoccarda, ora da Vienna, ora da Berlino, in una teutone ecumene televisiva che non conosce declino. 



Ho sempre pensato che fosse questione per altri, ed invece è toccato anche a me. Inutile nicchiare, mi ci sono sottoposta con antropologico puntiglio, ripromettendomi la solita osservazione partecipata con nobil distacco. Ed invece, ironia della sorte, l’episodio m’è pure piaciuto. Per mettere alla prova la mia pazienza, ho beccato una puntata ambientata a Lucerna, quindi con cast svizzerofono e per me difficile da capire del tutto. La coppia di attori centrali vedeva un commissario panciuto e asociale, infilato perennemente in uno smanicato omino michelin, e la poliziotta lesbica, che arrivava sulla scena del delitto mezza sbronza. Complici i bagordi del Rosenmontag, il lunedì grasso di Carnevale che in mezzo mondo germanofono è un vero e proprio trionfo di colori, quasi insospettabile a queste latitudini. La serie di delitti avveniva entro una gilda, il killer un ex membro che aveva inscenato un suicidio per poi vendicarsi dell’estromissione, dovuta alla tossicodipendenza del figlio. Regia essenziale, niente effetti speciali, nemmeno battute epiche. 

Insomma, ho avuto il mio battesimo di fuoco sulla via della germanizzazione. Ma strenua resisto, temendo l’irreversibilità del fenomeno. Oltre al periodico pellegrinaggio in patria, per sciacquare i panni al Serio e ritemprare le papille gustative,  ho ancora remore su alcune delle estrinsecazioni della Zweisamkeit (vita a due). Ad esempio, la Spielabend con incorporato Mitkochen. La Spielabend è un ritrovo a cadenza fissa (che ne so, una volta alla settimana), di solito fra coppie di coppie, che prima cucina insieme, poi magnano e giocano. Mi è capitato una volta, messa alle strette: prima una partita a Memory, poi a Scarabeo. A Memory, constata la mia Caporetto, ho cominciato a scoperchiare 4 carte insieme, ma subito la compagine crucca si è imbizzarrita, e a nulla è valso il mio tentativo di spiegare che, comunque, il gioco era già finito, non avevo più modo di rimontare. 

Nessuno ha voluto mit-barare, così abbiamo deciso di andarcene tutti a mit-dormire. 

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