venerdì 27 aprile 2012

Cronache

Metti che una sera ti freghino la borsa, per la prima volta in un onorabile quarto di secolo. E che nella borsa ci fossero tutte quegli ammenicoli che fanno di te una persona giuridica, un possessore di casa, un assicurato e, ahime, anche un miope-astigmatico.

Ieri sera, tornando a casa, avevo ricevuto ben tre lettere da strani indirizzi burocratesi. La prima missiva era della polizia di Friedrichshain, che mi informava dell´avvenuta denuncia e mi chiedeva una controfirma. La seconda mi diceva che il mio borsellino era all´ufficio degli oggetti smarriti, e la terza...ve lo dico dopo.

Dunque oggi la pausa pranzo si fa in metro, ma non mi lamento perché é la prima giornata di primavera, col cielo azzurro e i crucchi in canottiera e braghini manco ci fosse il solleone. Anche io espongo qualunque centimetro quadrato (cattolico pudor permettendo) all´aere frizzante, e mi avvio verso Tempelhof, l´aeroporto cittadino dismesso.

Peccato non avere una macchina fotografica, ne sarebbe valsa la pena. A cominciare dal gigantesco cartello pubblicitario che a caratteri cubitali recita "Voglio fare un figlio con te" . Per un attimo mi é balenata l´idea di un amante particolarmente assertivo e danaroso, che proclamasse i suoi desideri di paternitá sui muri delle stazioni, ed invece era solo una mesta pubblicitá.

In metro un punk riemerge dai fumi dell´alcool e mi annusa il collo. Mi chiede se sono stata a raccogliere funghi perché ho un buon profumo di funghi. Non so se sia una lusinga, per precauzione mi accarezzo la fulva chioma per ravvivare l´effetto dello shampoo mattutino.

L´entrata di Tempelhof é mastodontica, e reca ancora le iscrizioni dell´aeroporto. Essendo pausa pranzo, l´unico essere umano che incrocio é un baffuto ottuagenario che mi indirizza con fare di chi la sa lunga. Nella direzione sbagliata.
Tornata sui miei passi, passo in rassegna tutte le porticine che si affacciano sull´ex pista, et voilá. L´ufficio. Ha l´aria´piú da ufficio che io abbia mai visto, ma essendo in Teutonia, non mi succede come per il lasciapassare A38
L´aria é vetusta, le prodighe cure di una donna delle pulizie del Sud-Est asiatico non scalfiscono il sentore di cripta. Niente di digitale, sportelli tutti con indicazioni battute parrebbe a macchina, frecce che indirizzano ordinatamente ai vari cunicoli.

Il mio sportello é il 3, sezione "oggetti di valore, ovvero: orologi, documenti, brosellini, computer, macchine fotografiche, altri apparecchi per archiviazione". Una nota rammenta: non cellulari. Perfetto. Suono il campanello, anch´esso residuato bellico, e compare una specie di gangster messicano, che biascica con perfetto accento berlinese. Guata di sbieco il foglio in cui si attesta che proprio io sono stata contattata come smarrente. In effetti, tronfia di gaudio, mostrandolo al mio collega l´ho quasi distrutto in un bicchiere d´acqua vivacemente partecipe del mio giubilo. 

Si allontana per un lasso di tempo he mi pare infinito, lasciandomi fra le pareti color ospedale, atmosfera ovattata. Non un solo fruscio perturba la quiete. Quando riemerge dallo stanzino, controlla accuratamente la foto sulla carta di identitá e il mio faccino, forse riscontrando il peso di qualche luna in piú, mi fa firmare un paio di carte, intasca i 5 euri canonici e mi ridá il prezioso bottino. Manca all´appello solo la carta di credito crucca che, peró, ho provveduto a bloccare con una chiamata notturna e a ripristinare poi. Per sfizio, faccio un salto allo sportello 1, giusto per far andare di traverso il boccone all riccioluta sciura che sta dietro la grata. Si sa mai che ci sia anche la borsa. 
L´antro delle borse é terrificante: centinaia di ventiquattrore, zaini, cartelle di ogni foggia disposte ordinatamente su scaffali a seconda del luogo e della data di smarrimento, oguni pezzo catalogato ed etichetato. Chissá qual é il destino di quelli che non vengono mai piú reclamati. passo in rapida rassegna, sotto lo sguardo in cagnesco della sciura, che mi dice che non é probabile ci sia. Ci azzecca.

Dunque, sono finite le mie due settimana da Mattia Pascal. L´ambasciata prevedeva almeno due mesi per rilasciarmi di nuovo quei pochi centimetri quadrati di carta vidimata che si chiama identitá, am le risparmieró l´affanno.

Purtroppo, non avendo ritrovato la mia spelndida borsa modello Humana ´49, Euri 7, rimango orfana degli occhiali e piango la triste separazione dal portachiavi (con chiavi annesse) che mi accompagnava dall´etá del primo dente permanente

Ma, ma, ma. La busta 3. Il suo contenuto é l´essenza della germanitá, il monumento alla burocrazia le cui motivazioni restano piú imperscrutabili di quelle divine. La busta 3 mi avvisa che la mai patente é stata ritrovata. E la prassi vuole che la patente sia separata dal resto dei documenti e spedita all´ufficio centrale delle patenti smarrite, che evidentemente sono troppo schizzinose per giacere con passaporti e tesserine sanitarie. Ergo, mi tocca rifarmi una gita in orario di lavoro (sperando che la primavera non giochi a nscondino), in quel di Puttkamerstrasse (cacofonico?) e sborsare altri 15 E per riavere il mio diritto al volante. Perché inutile proclamare che si sia trattato di furto, anche al lavoro per ridarmi il badge con cui si spalancano le porte della gironata lavorativa hanno stornato 50 tondi tondi dallo stipendio. Perché si prendano la briga di dividere la patente dal resto rimarrá un mistero, a meno che un impeto di audacia mi spinga a chiederlo all´inappuntbaile addetto che mi restituirá il prezioso documento. 

All´uscita dall´aeroporto, lo stesso vecchietto di cui sopra si prodiga in mille scuse per avermi fatto smarrire la retta via.

Torno in ufficio a cuor leggero e finalmente a protafoglio pesante, pregustando la cena assolutamente invernale che mi attende stasera: 5 ospiti da me e il menú prevede come piatto forte Spätzle con Kohlrouladen.  

venerdì 20 aprile 2012

Di pampini & perle di saggezza

Battesimo presso un medico specialista crucco: checked. Davvero, i crucchi non sono il popolo piú amorevole del mondo, ma non hanno nulla da invidiare quanto a gentilezza.
Per una combinazione astrale assolutamente fantozziana, ci sono arirvata trafelata, sudaticcia e assolutamente sbarellata (dal medico), attraversando mezza cittá.o
Devo ammettere che dpo 6 mesi, la logica sottesa alla numerazione degli edifici a Berlino mi rimane enigmatica.Non c´é un lato dispari ed uno pari, e da un lato della strada i numeri crescono, dall´altra decrescono. Morale: marcio sempre inutili km mettendo un´ipoteca sulla mia suite nel girone degli imprecatori incalliti.
In piú, non avevo uno straccio di documento addosso, poiché dal weekend, causa furto, sono sans-papiers fino a quando la cara ambasciata deciderá di riscattarmi dal pascaliano status in languo.

E anche il dottor N-S conosce la parola "pampini", ovvero "bambini", che ai crucchi piace tanto perché suona "divertente". Non riesco a togliermi dalla testa Nazinger che, a braccia ecuminicamente spalancate, tuona "lasciate che i pampini vengano a me". Quasi un eco bacchiano, per non voler scivolare ancora piú in basso.

Infine, senza alcun nesso logico col resto, vorrei condividere una perla di saggezza in dialetto svevo:
"Saufsch, stirbsch. Saufsch ned, stirbsch au. Also saufsch!"
Ovvero: "bevi, e muori. Non bevi, muori comunque. Mo bevi!"

Buon auspiscio per il weekend. Che mi vedrá, peraltro, impegnata in una perfomance culinaria per cui ho giá ansia da prestazione, visto che da ogni italico qui ci si attende un Vissani camufatto in abiti civili.

giovedì 12 aprile 2012

cronaca di un acquisto...intelligente

Premessa: non amo, ahime, la frutta, rea di aver euna consistenza sempre tendente al viscido. Tuttavia, devo mangiarne, non foss'altro per la cecità incipiente che, se non un patrimonio genetico infausto, almeno un apporto di vitamine può forse rallentare.

Vorrei, dunque, adottare la soluzione casa di riposo: frullare. Ciò implica essere in possesso di un frullatore.
Profittando dell' assenza dle coinquilino, in trasferta per una partita della sua squadra del cuore (di hockey), setaccio casa ma non pervengo ad alcun risultato utile. Urge, perciò, armarsi del lemma appropriato, e ad occhio e croce mi serve un "Mixer" (che sia maschile o neutro è lana caprina).

Al lavoro, in pausa finto-caffè, scopro qual è il punto vendita a me consono più a portata di pedali: il MediaMarkt (il nostrano MediaWorld) su Alexanderplatz. Slacciato il metaforico colletto bianco, mi ci dirigo, animata dalla certezza di fare cosa buona e giusta per la mia salute.

Il negozio è su ben quattro piani, così che mi perdo nel nitore di enormi lavastoviglie, nel riflesso di mille oblò di lavatrici e negli stessi fotogrammi ripetuti a miriadi in schermi di ogni dimensione, a led o liquidi o che so io. Giunta al reparto tanto agognato, scopro di non volere un Mixer.

Il Mixer è il frullatorone professionale, quello con mille ammenicoli e braccini, per chi impasta e segue la Clerici con incrollabile fedeltà. Parlamentando con una giuliva commessa, il mio vocabolario acquisisce finalmente il termine appropriato, io voglio un "Purier Stab", cioè un bastone per le puree. Oppure, più estroso, un "Zauber Stab", un bastone magico. Opto per la versione prosaica, si sa mai che abbiano in vendita anche una serie di bacchette magiche parlanti con lucine incorporate.

E lì, in militaresche schiere, mi attendono gli Stab. L'occhio non sa se crederci: si passa dai 9,99 E del plasticozzo marca "OK" fino ai 119 tondi di un inquietante arnese con mille tasti e display luminoso. Non fosse per le esigenze dello stomaco, mi lambiccherei su cosa si può fare con un frullatorino da 100 euri, probabilmente una farina di diamanti. Bah.

In onore alla mia ascendenza (forse) latina, scelgo per la virtù che, si sa, sta nel mezzo e un po' verso il basso quando si ha a che fare coi soldini. 20 E per un Bosch, marca locale, e il bollino di qualità teutone a rinfrancarmi nella scelta.

Un ultimo, vitale acquisto: tovagliette per quando desino in camera mia, lavabili e colorate. Poi, via, in sella verso casa.
Dove, però, lo Stab non finisce di stupirmi. Quando mi accingo a scartarlo, tronfia e soddisfatta, già immaginandomi litri di frullati e frappè, ecco la magia linguistica. E' proprio Zauber: scopro che, in italicus, si chiama "frullatore assiale".

Si indica, suvvia, un sondaggio per sapere quanti sono a conoscenza di questo termine! Io, beata ignoranza, frutto di quasi un quarto di secolo vissuto a casa di mammà, lìho sempre e solo chiamato "minipimer". Del resto, è un'antonomasia, una bella figura retorica...e chi lo sa di che marca poi fosse 'sto minipimer. A casa mia manco si usano i tovaglioli, si usano gli "scottex".

Domani mattina, invero, il mio frullato avrà tutto un altro sapore. Perchè manovrare un "frullatore assiale" è tutt' altra storia.

Di monaci a passo d´oca e sinapsi sconclusionate

Ancora provata dall´interminabile digestione post-pasquale e dallo schock climatico (dai 20 gradi padani, e perfino un lieve rossore cutaneo dovuto all´esposizione ad addirittura un intero pomeriggio di, odino odino, sole!).

Sono sommersa da post-it che mi ricordano cosa devo fare: lavorativamente, domesticamente (nella mia nuova tana si sta davvero bene, tuttavia un tocco di personalismo non guasta, come dimostrano i 20 kg di chincaglieria trascinati da brava sherpa per la cittá dopo averli sbarcati via EasyJet), burocraticamente. Settimana prossima avró il battesimo medico, sfoggeró per la prima volta la mia lucente tesserina sanitaria crucca. Devo ancora, peró, notificare la Bella Italia che sono un expat, nonché farmi certificare"non piú romana cattolica" per evitare le decime a fine mese.

Dunque. Oggi al corso di crucco pagato da papá Checca (il CEO, 3 ore a settimana) abbiamo imparato espressioni colloquiali con animali. Tema che adoro, una ridda zoologica che molto puó dire circa il retroterra culturale di chi la usa.

E naturalmente, io non potevo esimermi dal qui pro quo linguistico. Alla frase "i monaci entrano nel tempio a passo d´oca", mi sono subito chiesta (ad alta voce, giusto perché ho dei neuroni duri d´orecchio) se fossero tonsurati ariani. Per me la Gänsemarsch sta sotto la voce "Hitler" sin dai tempi degli schemi di quarta elementare.

Dallo sguardo attonito della professoressa, capisco che il passo dell´oca non é, come ho sempre creduto, una traduzione dal tedesco. In un nanosecondo, dei monaci in fila indiana (perché semplicemente questo vuol dire) mettono in crisi una nozione che davo lapallissianamente per scontata. (Per inciso, noto che la mia sintassi oggi é piú farraginosa del solito, finiró per parlare come Google Translate, ovverosia miscelando a caso dosi a caso di lingue a caso).

Peraltro, pare che "in fila indiana" sia il solito retaggio post-colombino: i nativi americani marciavano uno dietro all´altro per confondere le orme.

Il passo d´oca, infine, qui sichiama "Stechschritt", "il passo dell´aculeo, bello dritto ed inflessibile.
Poiché le mie sinapsi non pare procedano in fila indiana (o "walk in a line", prosaici anglofoni), concluderó traducendo a spanne un estratto delle dichiarazioni di Eichmann al suo processo. Ieri era l´annniversario, e non potevo non meditarci sopra.


"Sono colpevole di essere stato obbediente. La mia colpa é di aver ottemperato al mio obbligo militare, al mio giuramento di fedeltá. Era la classe dirigente, di cui io non ho mai fatto parte, a dettare gli ordini. è alla classe dirigente che si devono imputare le atrocitá commesse contro le vittime. Ma fra le vittime si annoverano anche i subalterni. Io sono una di queste vittime. Il mio ideale di vita, come mi hanno insegnato fin da bambino, é sempre stato il desiderio di seguire principi etici. Da un certo punto di vista, lo Stato é colpevole di avermi indotto a rinunciare all´integritá dellß etica per accettare una moralitá relativa"