venerdì 30 maggio 2014

Salsiccia in tutte le salse








Signore e signori, oggi „es geht um die Wurst“. Ebbene sì, quando si parla di questioni cruciali, in tedesco si tratta di salsiccia. L´onnipresente Wurst, patrio e versatile orgoglio culinario o dileggiato simbolo di vetusta germanitá cui si preferisce del tofu, ha una certa duttilità anche a livello linguistico. Del resto, tutto ha una fine, solo il Wurst ne ha due  (“Alles hat ein Ende, nur die Wurst hat zwei”) e quindi permette un´infinita serie di combinazioni sia nel piatto, sia nelle espressioni idiomatiche.  Lo dimostra  Hans Wurst, personaggio della commedia tedesca che simboleggia il contadino qualunque e sempliciotto, tanto che oggi dare dell´”hanswurst” significa dare dello stupido

La salsiccia è l´emblema della socialità germanica: al primo raggio di sole si è tutti intorno ad un bel barbecue all´aperto e ognuno a turno sta alla griglia. Per questo se qualcuno è particolarmente gentile e amabile nei vostri confronti, potrebbe fare un´eccezione e arrostire un Wurst solo per voi (“jemandem eine Extrawurst braten”). Ritenetevi fortunati, avete avuto “culo”, o alla tedesca, avete avuto maiale (“Schwein haben”). 

Accompagnamento immancabile è il pane, ma in tempi di magra anche senza si lascia apprezzare (“in der Not schmeckt die Wurst auch ohne Brot”). Non è però vero il contrario, perché se qualcuno vi ruba la salsiccia dal pane, beh, in Italia vi starebbe rubando il pane di bocca (“Jemandem die Wurst vom Brot nehmen”). 

Se da noi si va di carboidrati dando pane al pane e vino al vino o finendola a tarallucci e vino, in Germania sarebbe meglio che le salsicce stiano con le salsicce, che non si comparino cioè pere con le mele, come dice ogni buona maestra elementare quando spiega gli insiemi (“Wurst wider Wurst”). 

Insomma, pur riconoscendone l´essenzialità, il Wurst è spesso sinonimo di qualcosa che si trova sempre e comunque, di non particolarmente squisito o raffinato. Così il nostrano “non me ne frega niente” si traduce con “es ist mir Wurst” (o anche “Wurscht”). Addirittura se uno è sempre apatico ed indifferente, la diagnosi è “Wurstigkeit”: nei casi più disperati chi ne è affetto potrebbe non riuscir nemmeno più a prendersi la sua salsiccia dal piatto (“keine Wurst vom Teller nehmen”)  . Per raffazzonare, fare le cose un po´come capita, si dice che “si salsicceggia” (“es wird weitergewurstelt”) e chi si trascina senza combinare granché, cazzeggiando, come dire, userá il verbo “durchwursteln” o “herumwursteln”. 

Per provare a dare un tocco di sapore in più alla salsiccia magari venuta insipida c´è sempre la senape, cosí qualcuno che voglia sempre dir la sua e metter becco sará qualcuno che “seinen Senf dazu gibt”. Il saputello di turno è capace pure che poi si immusonisca se gli si fa notare che la sua opinione non è sempre e comunque richiesta, in tal caso fará la salsiccia offesa (“die beleidigte Wurst spielen”). 

Infine un parallelo tra il culinario e il sociologico, perché se da noi potrebbe anche essere meglio un uovo oggi che una gallina domani, l´etica del lavoro luterana suggerisce piuttosto di privarsi della salsiccia se c´è speranza di poter agguantare del più raffinato prosciutto poi. (“mit der Wurst nach dem Schinken werfen”). 



Certo, sono pillole di saggezza dal sapore antico e premoderno, probabilmente coniate quando tutti noi ancora nuotavamo nel calderone del Wurst di Abramo, ovvero ancora non eravamo nati (“noch in Abrahams Wurstkessel schwimmen”). In questo caso, addirittura, il riferimento è biblico e paragona il nascituro alla salsiccia, la vita al Wurst. 

Verrebbe quasi da dire che, quando si disquisisce di salsicce, almeno in Germania c´è pane per proprio tutti i denti.   

giovedì 8 maggio 2014

Pillole di saggezza & sturalavandini



Il lusso del dottorando é che è un po´un Michelasso: mangia, beve e va a spasso. In combinazioni diverse e ordine sparso, e con il ciclico blocco dello scrittore, quando si contempla l´opzione di farsi monaco in Tibet, o il giro del Guatemala in autostop, o di riciclarsi come modella per taglie comode in Thailandia piuttosto che fissare per ore i pixel tremolanti dello schermo che dovrebbero tramutarsi in tot battute, pagine etc. 

Zompettando fra un dubbio esistenziale e l´altro (talvolta si chiamano “conference papers”, talvolta “capitoli da strutturare”, con la primavera anche “ma perché  di nuovo un crucco?”), devo trovare qualcosa cui aggrapparmi, una parvenza di progresso nel mio bagaglio di saggezza. Del resto i 30 sono ancora a distanza di sicurezza, ma è una distanza che si sgretola fin troppo in fretta e vorrei arrivarci proclamandomi “weiser”.
Da non confondere con il quasi omofono “weißer”, che invece mi farebbe ancor piú muso pallido di quanto non sono, visto che “weiß” è bianco. La saggezza è la “Weisheit”, ma per ovviare a qui pro quo dal sapore eugenetico, per il biancore si opta per “Blässe”. Imparato naturalmente sul campo dato il mio rapporto problematico con i libri di grammatica: informando un amico di una lettura serale, ho concluso sperando che mi “rendesse piú bianca”. L´amico in questione, con l´unica scusante di essere un valligiano svizzero e quindi di parlare un tedesco tutto suo, non ha salvato la situazione augurandomi di essere Waise, altro quasi omofono ma che sta per “orfano”.


Bianco, peraltro, è il colore che la fa da padrone in qualunque menú della Bundesrepublik da aprile a giugno, dalle bettole ai ristoranti che se la giocano per le stelle Michelin. È la Spargelsaison, il trionfo dell´asparago bianco coltivato sul patrio suolo, orgoglio nazionale al pari delle bionde (birre e non), delle salsicce e dei crauti. Non ce n´è, manca solo che lo intingano nel latte a colazione e poi è onnipresente. Per cui, sappiatelo: un invito a cena da ogni buon crucco che si rispetti prevederá una massiccia dose di asparagi, serviti in una burrosissima “sauce hollandaise”, come contorno alla carne o in zuppa, ma insomma sono variazioni sul tema. Per svignarvela potreste sempre sfoderare l´asso dell´ignoranza linguistica, come- senza consapevolezza- feci io a suo tempo: Spargel è praticamente come Spargeld. Per cui, per me, era la stagione dei risparmi da mettere nel salvadanaio.

Ahimé al cambio stagione i soldi tocca un po´spenderli, quando il sole finge di far capolino e promette di rispettare, prima o poi, il calendario. Cosí ci si piega allo shopping per vestiario, e la mia nuova conquista linguistica è lo splendido composto teutonico “Schaufensterpuppe”. Eh sí, perché il manichino è una “bambola per la vetrina” e la vetrina, a sua volta, è una “finestra per guardare”, ergo il manichino é una "bambola per la finestra dove si guarda". Le finestre ordinarie, si sa, non son fatte per sbirciare, per questo sono di solio senza tende, perché il rispettoso crucco non oserebbe mai buttar l´occhio e fare del voyeurismo. 

Beandomi di qualche raggio di sole traditore, ieri sera sono uscita in versione  primaverile hardcore e sono stata punita. Ovviamente ha piovuto giusto mentre ero in sella e ho sorbito la mia birra serale fra un singulto e l´altro. Ma non tutto il male vien per nuocere, come dire “singhiozzo” ancora mi mancava: “Schluckauf”, ovvero una interruzione del normale processo di deglutizione.

Ma la vera perla di saggezza, quella che segna un piccolo, ma ragguardevole traguardo nel percorso della conoscenza è la varietá linguistica per indicare una sturalavandini. Saró pur prosaica, ma è uno strumento che puó sempre tornare utile. Un sondaggio fra amici e conoscenti ha diffuso il panico: ognuno aveva una sua versione per chiamare l´aggeggio, e nessuno sapeva esattamente se la sua versione fosse canonica o solo dialettale. Un consulto incrociato e un click sui wikipedia hanno ristabilito una parvenza d´ordine, per cui se vi infilate da Rossman potete chiedere senza timore un Plömpel. Meno colloquiale è il Saugglocke, la campana che risucchia, ma una commessa scrupolosa potrebbe portarvi una ventosa per ostetriche, che si chiama allo stesso modo. In tal caso, chiedetele un Klostampfer, marcando bene “Klo”, perché altrimenti vi recapiterá uno schiacciapatate. Infine, per andare sul sicuro, sfoggiate la versione piú descrittiva, prendete fiato e reclamate un “Haushaltssaugglocke
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Armata di  una "campana  succhiatrice per le faccende domestiche", niente piú puó intimidirmi, e speriamo che serva a sturare anche il groviglio a livello di sinapsi.