giovedì 31 maggio 2012

Oggi é il Blonde International Day. Pare che entro il 2202 questo gaio gene recessivo scomparirá. Per cui posso godermi ancora un bel secolo e piú di permanenza sulla terra, tronfia dei miei geni recessivi.

Si tratta solo di capire se cercare di dare una mano a questi geni in via d´estinzione, o contribuire piuttosto alla vittoria della melanocrazia.

Intanto sfoggio tronfia il rossore soffuso della mia breve gita a Rügen, isola piú grande di Crucchia, dove ero l´unico essere umano (ma anche vivente, direi) proveniente al di sotto della linea Baden-Wüttenberg-Baviera. Per cui la biodiversitá era al minimo, fatti salvi gli scarafaggi: un apposito cartello ne vantava le oltre 5.000 specie, tutte autoctone.

I turisti, invece, tutti a lasciar strati cutanei come Pollicino le briciole (erano poi briciole, vero?), anche se il sole era finto e il vento inclemente. Anche io, all´ombra della mia recessivitá, ho tentato l´impresa e mi sono lasciata ghermire dalle onde davvero troppo fredde. Il tempo che mi si rizzasse il biondo pelame, e poi via a rotolarmi sulla sabbia.

Oltre all´ unico rappresentante della specie Homus Sudicus, ero anche, credo, uno dei pochi umani non rientrante in una di queste categorie: marmocchi, mamma entro i 35 anni, crucc* oltre i 60. Per cui sgambettavo fiera nelle mei infradito, sdegnando le miriadi di calzini infilati nei sandali.

Non male, una specie di Rimini del Nord, dove al posto delle piadine servono wuster nel panino, al posto delgi sdraio ci sono queste culle rovesciate per non farsi trascinare dal vento, dove anziché torme di teenager in fregola da prova costume, ci sono trichechi e tricheche innamorati in nudo integrale.

Epifanie cicliche (e a bordo di ciclo)

In 25 anni di onorata, uman carriera, non ho (quasi) mai guardato le previsioni del tempo. Mi é sempre sembrata una mania da champagne socialist (mi piaceva usare la parola). Mi sono sempre e  solo svogliatamente svegliata, buttato un occhio fuori dalla finestra, e vestita secondo la stagione. Anche perché i diktat materni mi hanno sempre imposto di "cambiare gli armadi", truce, ginnica operazione domestica a cadenza diciamo quadrimestrale.
Poi, nata sotto la nefasta stella di Chernobyl, ho dovuto presto imparare che "non ci sono piú stagioni", ma mi sono sempre vantata di avere una certa flessibiltá termica.

Per pigrizia, da due giorni sono in pantaloni a tre quarti, alla zuava, a pinocchietto, alla Capri che dir si voglia. E ho pure sfoggiato una canottiera in puro stile Prenzlauerberg: apparenza hippy, tripudio di colori, ma comprata in un mercatino di quelli puliti ed irreggimentati, dove un hippy convinto lo manderebbero via a calci.

Germanizzazione che avanza.

Ma a contrastarla, c´é sempre la vecchia protervia italica. La cui epifania é sempre in sella.

Ogni giorno una italiana si sveglia, e sa che dovrá pedalare. Ogni giorno un crucco si sveglia, e sa che dovrá fare lo stesso. Ci incontriamo puntualmente fra la Greifswalder e la Marienburger. Prima dell´incrocio vero, c´é un semaforo la cui natura mi resterá sempre imperscrutabile: é cieco, finto, inutile. Ogni volta incoccio il rosso e dovrei fermarmi, solo in ossequio al potere di quel dananto semaforo. E ogni volta lascio il crucco di turno allibito sui suoi pedali, sgattaiolando furtiva e consapevole della mia macchia. Non mi volto, trasgredisco consapevole, un misto di orgoglio del Belpaese e un filo di coscienza che punge.

Oggi, invece, ero pensierosa. E ho infranto ben due divieti in un colpo solo, per il gran gaudio degli astanti. Sbracciando al cellulare, ho violato la norma non scritta che vieta di farlo. E subito dopo, ho osato tagliare la strada al ciclista dietro di me, virando repentinamente a destra senza metter fuori il braccio, visto che l´arto era intensamente imepgnato a sottolineare la conversazione proibita.
Il pedalatore di turno ha cominciato a sciorinare, senza tuttavia troppo alterarsi, frasi del tipo "ma é impazzita? ma cosa fa? ma non mi ha visto?" Io, al suo posto, avrei piazzato un climax di improperi, a sfoggio della mia arte retorica. Questo, invece, sembrava di piú un sottofondo da mosca agonizzante, un ronzio infinito a catena. Al decimo minuto di iterazione (piché il destino incroció i nostri percorsi), mi sono mollemente girata, ho allentato ogni muscolo facciale nella miglior interpretazione della serie "faccia di tolla" . Il ferito (nell´animo e nell´integerrimitá) pedalatore mi ha gaurdato soddisfatto, finalmente gli avrei reso giustizia e dato una risposta ai quesiti esistenziali che lo attanaglianavano.

Magari ero stata colpita sulla via di Damasco, oppure dalla sindrome della restless leg, o ancora tutto era parte di un esperimento per monitorare la tneuta di nervi della popolazione cittadina quando sottoposta a stress.

"mi scusi, ma mi pare che sia sopravvissuto".

Spannung. Momento di ghiaccio. Tutto si ferma. L´obiettivo della telecamera inquadra i volti esterrefatti, la musica sottolinea la tensione. Punto di svolta, il peggio potrebbe accadere.

Hai voluto la bicicletta? Mo pedala. E ho giusto scoperto ieri che qui si dice "ti sei versato la zuppa, mo te la scucchiai"

Ed é giusto ora di filare in pausa pranzo. A piedi, stavolta.

domenica 20 maggio 2012

ricette di primavera

"uomini massaggiano uomini"
Oggi si va di cronaca. Non che io ignori le funeste nuove di casa, ma si sa, non ho quasi mai trovato altra arma se non essere semiseria per non sprofondare nel male di vivere.

Ieri ho battezzato la primavera.  A 22 gradi, la prima scottatura solare dell'anno, che orgogliosamente esibisco a riprova della mia germanizzazione (o cromaticamente mancata italianizzazione).
Alle 9 sgambettavo in diagonale per la città, meta: il mercato di Nollendorfplatz. Quasi mai mi sono spinta sì ad ovest.

Nollendrofplatz è famosa per la movida gay e trans. Una cameriera che un tempo era sicuramente cameriere serviva a raffica portate di soli asparagi: qui è produzione nazionale e per due mesi si mangia solo quello, in qualunque salsa e combinazione.
"prenderesti a botte i tuoi giocatori del cuore se facessero così?"

Il menù del giorno prevedeva una lezione peripatetica per il mercato. Visto l'effetto Ollio e  Stanlio di me e la signora Gudrun, credo sia stata più patetica che altro. Ci aggiravamo per le bancarelle additando piantine e cinture come in un video di quelli allegati ai manuali di lingue straniere del liceo. "Questa cintura è bella. La cintura sembra un serpente". "Il vestito è troppo caro".
Mi sono guadagnata la pagnotta, in tutti i sensi: profittando dei saggi consigli gudruneschi, ho inzainato una forma di pane nero di pregiata qualità.

AL ritorno, pit stop a casa e cambio d'abito, poi di nuovo in sella. Direzione: Weissensee. In capannoni dismessi, un collettivo di artisti romani ha aperto vari atelier e ieri ci si disputava in un torneo di calcetto a due la coppa da loro messa in palio. E lì il Gattuso in me sopito s'è risvegliato ringhiando, come testimoniano le stigmate ch'oggi reco insieme al rossore diffuso. La mia ricetta preferita: BYOB (bring your own booze), cibo improvvisato, buona  musica e soprattutto ottima gente.

La mia squadra non poteva che chiamarsi "pota-pota", al netto dell'unico altro padano presente, che ha sottaciuto l'aulico significato sino all'ultimo, dopo la foto di rito davanti ad un graffiti di Pertini e un grido di battaglia. Tra un wurstel e l' altro, mi è capitata fra le mani la coppa di "miglior giovane acquisto", tradotto: miglior donatore di cellule epiteliali, visti gli strati generosamente lasciati sul campo (di cemento).

La piacevole giornata si è conclusa con slalom sulle due ruote: ormai salda in sella alla mia graziella con freni a pedale, ho dribblato elegantemente un paio di ubriachi carocollanti per strada e un manipolo di incazzatissimi tifosi del Bayern. E un'importante scoperta di vita, che non posso che sintetizzare con una citazione dell'Accademia della Crusca: "La senape si fa sentire solo in uscita".

E ora santifichiamo la festa.


giovedì 17 maggio 2012

Di uomini e salsicce

Oggi è l' Ascensione. E a festa del papà. E la festa degli uomini. Per me, semplicemente, un giorno di ferie. Per i teutoni di cromosoma doppia X, l' occasione per un Herrenpartie: fatta incetta di birre e alcolici vari (Schnapps), si va in gita. Così compaiono camper, bici con rimorchio,vecchi trattori e parchi e pub si popolano di soli ometti. Secondo le statistiche, è uno dei giorni dell'anno dove si registrano più incidenti.

Dal canto mio, mi sono addormentata al ritmo di una laboriosa digestione, essendomi concessa una dose generosa di carbonara. Stamattina, per onorare i padri, l' altra metà del cielo e gli ascesi ho inaugurato la giornata con una fetta di Sachertorte.

Per il resto, me ne faccio un wuster. Eh sì, la scoperta recente è che anzichè un "baffo", qui l' indifferenza genera salsicce. L'uomo barbuto qui non tira. Mi sto immaginando Maurizio Costanzo intabarrato in una camicia Dino Erre che, brandendo un wuster, scandisce "proprio una camicia col wurster".




Buona camicia a tutti.

lunedì 14 maggio 2012

Oggi il mio tete-a-tete con la Burocrazia Teutone inizia alle 8.15. Lego la bici di fronte all´imponente tribunale di Mitte. Mi ero preprata ad un controllo minuzioso all´ingresso, invece un cartello (e poi la voce di una guardia) mi indirizza senza pompa verso l´aula 501.

Missione: Kirchenaustritt, ovvero togliere "RK" dai miei documenti crucchi e smettere di pagare una certa % alla chiesa cattolica.
Lo sportello dovrebbe aprire alle 8.30, ale 8.32 una versione muliebre (ma non troppo) di Bud Spencer in tuta d´acetato comincia a mugugnare nervosamente per il ritardo. Aspettiamo in una sala con due panchine acromatiche, pavimento in lineolum che fa tanto palestra delle medie.

Preso il mio numerino, alle 8.35 sono davanti alla funzionaria di turno. Solito siparietto al momento di trascrivere i dati della carta d´identitá italiana, visto che ci ostiniamo non solo ad avere un lenzuolo cartaceo al posto di una bella tesserina di plastica, ma anche tutto scritto in italico.
E se il crucco non é elastico, il funzionario crucco lo é anche di meno, e come puó essere certo che 11.08.1986 sia la mai data di nascita? hai visto mai che nel Belpaese mettano anche le misure delle circonferenze sui documenti, per individuare facilmente chi é bunghizzabile....

Speravo giá di cantare vittoria, e invece. Mi danno un foglio, ma mica é finita. Adesso mi tocca andare all´ufficio delle tasse.
E non che ai teutoni importi nulla delle tasse alla Chiesa, o a qualunque chiesa. Ció che conta é La Carta: se un timbro dice che sono pastafariano, allora posso anche avere una foto della patente con uno scolapasta in testa. Ma senza che carta canti, qui si é anche peggio di Mattia Pascal.

Vorrei poter aver fatto amicizia con la Bud in acetato: mi si prospetta un´altra levataccia ed un altro faccia-a-faccia con la Burocrazia.

E per non perdere l´abitudine, ora compilo le carte per avere le ferie.


domenica 13 maggio 2012

del lusso di perdersi

In mancanza di un caffè mattutino, mi accontento del sapore chimico del Ritter Sport all' espresso.
Un occhio al calendario e uno alla finestra, e mi chiedo se non sia, in realtà, novembre.
Ieri mattina mi sono persa, non ho fatto altro che perdermi. Un lusso che, beata gioventù studentesca, ormai mi concedo solo molto di rado, al netto dei sensi di colpa sempre in agguato perchè, in fondo, il mio cervello è un perenne reminder di cose da fare o che dovrei fare.
Il sole, ieri, non è mai durato più di 5 minuti di fila, in un continuo, rabbioso corpo a corpo con nuvole metalliche. Non avevo meta, solo la bici che, come rabdomante in trance, seguiva percorsi suoi, a zonzo nella Prenzlauerberg degli yuppies. Bambine con le trecce bionde e pargoletti che si rotolavano nella sabbia (d'ordinanza in qualunque parco giochi), giovanissime mamme con due passeggini e ancora una pancia sospetta, rasta con sciarpe di vera seta colorate a mano.
Mi sono ritrovata su Kollwitzstrasse, tra un mercatino delle pulci organizzato da una scuola elementare, e la piacevole scoperta del mercato settimanale.
Nessun indizio del traffico del centro città, stand e baracchini appostati sotto ogni albero, tutto a dar l'illusione che, almeno per una volta, il tempo non è da contare, controllare, scandire, ma da lasciar scorrere come viene. Ad un bancone si vende pasta fatta in casa con indubitabile accento napoletano, a quello vicino un libanese richiama le junge Dame più con i profumi delle sue mille salse che non con la litania che proferisce. Imparo cos'è un goezleme, una specie di enorme piadina turca con qualunque possibile ripieno, mentre osservo anche troppo a lungo un intero clan famigliare che sembra non far altro che impastarne e sfornarne da generazioni.
Mi soffermo sui mille colori di magliette di cotone organico, subito mi viene spiegato perchè per un pezzo di stoffa ombelicale dovrei voler pagare 40 E. Cercando bene, scovo un'altra tavolozza con due maniche ed un collo e l' ex sessantottina me la lascia per 5 E. Anche io potrò sfoggiare verde, rosa, blu e giallo in un colpo solo, anche se senza il marchio di tracciabilità e col dubbio che a renderla così sgargiante sia stato qualche pennello chimico quanto il ritter che sto mangiando ora.
Sgranocchio un brezel tipiedo di forno e mi offrono un cantuccino di dubbia autencità, indugio su qualche orecchino dall'aria abbordabile e capisco che sono nel cuore del quartiere cosiddetto "gentrificato".
Prenzlauerberg stava, tutto sommato, ad Est. Poi sono arrivati gli artisti, gli yuppy, gli svevi (che sono geograficamente terroni, ma sgobboni e di accento contadino come i...diciamo bresciani), i musicist spagnoli, gli avventurieri italiani. E adesso è chic, l'area residenziale dove i bar con le scritte in cirillico offrono colazioni così sontuose da non riuscire più ad alzarsi, dove le boutique vendono con nonchalance sandali che penseresti di trovare a pochi spiccioli e hanno, invece, le stesse etichette di quelli di via Montenapoleone, il quartiere dove trovi dentisti per soli bambini, mi immagino con trapani colorati e bonari dottori alla Patch Adams.
D' obbligo è il pellegrinaggio alla Kulturbrauerei, ex fabbrica di birra trasformata in cinema, sale da esposizione, teatro. Fra le mura spesse ci si dimentica di essere in una metropoli, davanti a me una coppia di almeno settantenni si tiene per mano e di nuovo penso al tempo, che talvolta può non essere tiranno. Se non fosse che, di nuovo, ho dimenticato la macchina fotografica, e quello sguardo di complicità incurante delle rughe e degli sfregi del tiranno dovrò ricordarmelo da me.
Assolutamente a caso (se il caso mi concede l'ossimoro), finisco nel museo di quartiere. Sono, manco a dirlo, l'unica visitatrice di questa pigra mattinata sabatina. La signora che si era appisolata all' ingresso mi saluta tutta gaia e mi lascia sola nelle sale dove scopro come si presentava prima del fatidico 1989 il quartiere dove abito da poco più di un mese. Così scopro che il brutto parchetto fuori casa, un' accozzaglia senza gusto di alberi di ogni specie che profila casermoni tutti uguali, era un esperimento di residenza della DDR. Dalle foto d'epoca, entusiasti giovani padri di famiglia si trasferiscono nei cubi per loro costruiti, affacciati sul memoriale al comunista Thaelmann, incarcerato, poi spedito a Buchenwald e infine ucciso quando ormai l'ariana gloria del Terzo Reich stava per capitolare al passo marziale del comunismo di Mosca. Scopro che la Lili Henoch della via che taglio ogni giorno in bici era una poliedrica stella dello sport, fino a quando la fecero scendere del treno speciale che doveva portarla al ghetto di Riga e le spararono, senza nemmeno lasciarle le sue tante, giudee medaglie sul petto.
E ancora, passeggio tra le foto del "picnic paneuropeo": nell' agosto '89, i gitanti della Germania Est si radunarono a Sopron, ridente meta di vacanze ungherese, e con la scusa di un giovale pomeriggio tra salsicce nelle tende montate sopra le Trabi, varcarono la Cortina. Un pic-nic, appunto, il muro ideologico e di mattoni frantumato in sordina, scambiandosi cartoline nel sole del lago Balaton. Sul libro degli ospiti, qualcuno si è firmato raccontando di esserci stato, altri si lamentano di non aver capito il senso della mostra e chiedono perchè sui pannelli ci fosse quell' idioma assolutamente mostriforme (ungherese).
Non passo nemmeno da casa, mi faccio trovare direttamente al Prater, Biergarten nei pressi dove ci si è dati appuntamento con la scusa del compleanno di qualcuno. Qui non ci sono cortine, ma sfido chiunque a non individuare il tavolo latino. Quello caciarone dove, addirittura, si parla e si ride. Come sempre, sono la fine della penisola, o l' inizio dell'Alemannia, quella cerniera cromaticamente travisabile che sguazza negli stereotipi. Dopo qualche birra, vengo convinta a delinquere. Si esce con borse in spalla e si fa incetta di birre a 80 centesimi allo Spaeti più vicino. Se il controllo teutone ci sbatterà fuori, diremo che noi no capire tetesco. Puntuale, un cameriere rasato in felpa nera arriva a dirci che le nostre birre o ce le beviamo fuori, ma proprio fuori, sulla strada, o le sequestra lui. Mi beo di essere l' unica che, avendola travasata nel bicchiere del locale, può rimanere a bersela senza patemi. Salvo il disappunto del tavolo alla mia sinistra, il cui sguardo di rimprovero quasi mi guasta la bionda tanto sudata.
Quando il freddo si fa davvero troppo fuori stagione per continuare a fingere che sia davvero fine maggio, ci trasciniamo in un posto al chiuso. Infine, guido tutti verso casa mia, per sperimentare un anonimo, kitschissimo ristorante fuori mano, non segnato da nessuna Lonely Planet, ma che ogni sera mi promette Schnitzel giganti. A giudicare dalle circonferenze degli avventori, la dimensione c'è. A noi testarne la qualità. Il menù di plastica ci fa da tovagliette : ci sono 50 combinazioni di verse di cotoletta, ognuna disponibile in versione normale, media, XL o XXL (un kg). Io opto per un'ignava media, i temerari della XXL a fine impresa immortalano il successo e potrebbe lo scatto che finirà sulla loro lapide.
B. emerge dalle tenebre e mi raggiunge, unico non italico perso in una tavolata che sghignazza sguaiatamente, ed è inutile cercare di tradurgli le pessime battute che i varesotti (o varesini?), ormai senza più nemmeno la parvenza di freni inibotori, fanno a ripetizione contro "i festival della gayaggine" ch si aggirano per strada.
A casa, oltre la testa di Thaelmann, il mio coinquilino mi attende birra alla mano e joystick nell' altra. Lui e altri due stanno giocando a qualche strano videogioco, lascio in ostaggio B. per una sfida fra soli teutoni e penso che domani (cioè oggi) proverò per la prima volta una parmigiana di melanzane.
In un accesso di casalinghitudine, ieri mattina prima di perdermi ho acceso Giallo Zafferano e mi sono lasciata convincere dalla fida Sonia che il pasticciare con gli ingredienti avrebbe portato ad un buon risultato.
Lo scoprirò a breve, giusto prima di co-babysitterare la nipotina del mio prode coinquilino. A Sonia non ho detto che al posto del caciocavallo, ho trovato solo della scamorza, anzi, della scarmoza.

martedì 8 maggio 2012

Buoni, pratici e quadrati.
SOno stata al Ritter Welt, a pochi passi dalla bella Gendrmenmarkt. Il paradiso dove regna sovrano il quadretto di cioccolato, combinato con qualunque ingrediente combinabile. L´apoteosi é il Ritter personalizzato: punti col ditto cosa ci vuoi come ripieno, e il cioccolataiod I turno, sorriso (ma spento) d´ordinanza, te lo confeziona in venti minuti. Il mio, per la cronaca, era con Lebkuchen e amarettini.
Cerco di ripetermelo come mantra per addolcire questa finta pausa pranzo, tristemente compresa fra la mia tastiera e la giuninca capa che ingurgita cibo mentre fa una conference call.

Ma buoni, pratici e quadrati sono anche I crucchi. 
Quadrati, perché concetti come “sorpresa”, “uscire dagli schemi” gli sono estranei come per lo puó essere la teoria della relativitá per Renzo Bossi. Pratici, perché in ognuno di loro si nasconde un piccolo McGyver, anche sotto le mentite spoglie diuna leggiadra fanciulla dale trecce palatinate. E buoni, perché se si riesce a nonv oler decifrarli, e cioé a leggerli esattamente come si presentano, senza alcuna sofisticazione, sono in fondo dei bravi guaglioni. Un po´lenti, amanti delle carte, scarsi in ogni arte del magheggio, ma pur sempre affidabili. Solida carrozzeria, scocca a prova di umorismo.

A riprova, il mio coinquilino, crucco fino alla punta dell´anima (che, pagano, non sa di avere!), con cui passo si e no una doppia serie di 5 minuti giornalieri durante la sua pausa sigaretta. Ieri, preoccupato, sentiva degli “scoppi”. Ero io con la carta con le bollicine (non ho mai saputo come si chiami), che nervosamemente torturavo fra una meditazione di vita (inutile) e l´altra. Compresa la natura metafisica del rumore fin troppo terrestre (il mio meeting notturno di oggi), appurato che nessuno elettrodomestico stave sfuggendo al suo teutone controllo, il crucco si é presentato con una specie di cubo di Rubik. Era per me, per distrarmi. Magari senza far rumore. E stamattina, sulla lavagnetta che é il nostro mezzo di comunicazione principe, mi ha lasciato scritto “vedrai che ce la fai, incrocio le dita per te”. Anche B., dopo la mia lezione sul "cosa é una sorpresa", ha eseguito alla lettera. Difatti, la piantina che mi voleva regalare ha corso il serio rischio di finire nella spazzatura, scambiata per un involto da buttare.

Forse non sono appetitosi come I loro omologhi di cacao, ma di certo comincio a capire perché in qualche modo mi piacciono.