sabato 28 gennaio 2012

Antropologia in musica

Qui una scoperta musicale che mi ha fatto sorridere. Me l'ha passata un amico crucco-polacco, col quale spesso disquisisco di stereotipi e cruccaggine.
Qui una traduzione, seppur non proprio magistrale e con qualche licenza. E qui la canzone, con testo originale.

L‘ accento di Aurelie è senza dubbio molto charmant
La trovano splendida anche quando se ne sta zitta
Potrebbe chiedere tutto quello che le passa per la testa
Perché i suoi capelli fluttuano come spighe
Foss'anche calva, chiunque la terrebbe in palmo di mano

ma Aurelie non lo capisce
ogni sera sospira "quando qualcuno si innamorerà di me?"

RIT: Aurelie, così non funzionerà mai
Ti aspetti davvero troppo
I tedeschi flirtano molto sottilmente
Aurelie, agli uomini piaci un sacco
Non vedi, per strada tutti ti mettono gli occhi addosso
Solo che non te ne accorgi perchè non fischiano
Sei tu che fischietti e prendi la fuga
Devi capire che qui spesso meno è di più

RIT

Ah, Aurelie, in Germania l'amore richiede tempo
Qui il primo passo si fa solo dopo giorni e giorni
e dopo qualche settimana si discute
se muovere i primi passi della danza di seduzione
E ci si vede da qualche parte  a tu per tu
RIT

Aurelie, non è così facile
Qui le parole han tutto un altro peso
Tutti i ragazzi, anche quelli più teneri, vorrebbero baciarti i piedi
Ma tu non te ne accorgi
Perché intanto parlano di calcio

Ah, Aurelie, dici che dovrei spiegarti
Come fanno i tedeschi a moltiplicarsi
Visto che qui le api ai fiori al massimo sorridono
E lo sa il diavolo come chiedono di impollinarli
RIT

Balera

Un mix fra una festa dell' unità e una scampagnata d'oratorio degli anni '80. Ieri sono stata ad un "party" organizzato da colleghi, per i motivi più vari: una che se ne va, l' altro che fa gli anni, l'altro ancora lo ignoro.

E' una balera (Ballhaus) a 10 minuti da casa, ma soprattutto è gratis. L' età media si aggira sui 40+, con punte ben oltre. E' come immaginarmi zii e genitori che alle 8 di sera del venerdì si scatenano in salti e giravolte, seppur ben poco sinuosi, al ritmo di musica di almeno dieci anni fa. La DJ non avrà più di trent'anni, è un' energumena insaccata in un vestitino rosso fuoco e incorniciata da un carré nero corvino, che molleggia a fatica sulle rotule al ritmo delle sue hit vetuste.

Il trio della maldicenza italiano se la gode un mondo, l' unico inghippo è evitare che persone random interpritino le sghignazzate come nulla osta ad un twist tete à tete, perchè il mio coriaceo conservatorismo padano mi impedisce di immaginarmi danzante con uno che potrebbe essere mio zio. Fra i presenti anche i due eroici K  & K, la coppia crucco-crucca che al lavoro non stacca MAI prima delle 20.00, indefessi ed infaticabili macinatori di scartoffie, il simbolo dell' efficienza per eccellenza, l'inopinata icona della dedizione. Li chiamerò Gondrano e Gondrana,.
Gondrano credo si avvicini ai 2 metri, fin troppo asciutto, quasi ripiegato su se stesso. In ufficio mi accorgo di lui solo quando si alza per concedersi la pausa vescica. Gondrana è alta quasi uguale, solo molto, molto meno monovolume.
La scena migliore della serata è quando lei, nella sua indescrivibile imponenza, con un boccale in mano, irrompe ed esordisce con "devo confessarmi, c'è del sangue italiano in me". Io penso: in me ce ne dev'essere di indonesiano. "sì, sì, il mio trisavolo era italiano e difatti mia mamma di cognome fa Akfistapake". Lodigiano puro, da quel che so, "Aquistapace".
Geneticamente parlando, conosco solo i pisellini del buon Mendel, ma mi chiedo dove si sia dispersa l' italianità degli avi.
Quando anche Gondrano & Gondrana cominciano ad oscillare, capisco che è giunto il momento di defilarsi, per evitare la crucchizzazione totale. Del resto, ho intravisto la giunonica silhuette della mia capa, della quale vi basti sapere che è triteste e che, quando  corrucciata se ne gratta una, io sento correnti d'aria in ufficio. So che in un nanosecondo comincerebbe a scattare foto a caso con l'ipod, e in tempo zero avrei mille tag su facebook.

A casa, mamma Ute si ripropone nella cottura di "Bambi", infilato quasi per intero nel forno, la nuora, reduce da un party in costume, gironzola per casa avvolta in un finto kimono agitando involtini primavera, J è in completo della nazionale portoghese e sorbisce gazpacho, N sta studiando in salotto nel cuore della notte e tutti brindano.

Grazie, Wurstiland.

venerdì 27 gennaio 2012

gnucco, gnocco, pesto e cotte

Ultimo giorno lavorativo. E ultime 2 ore. E un buon menú per il weekend. Basta questo per stamparmi un sorriso ebete sulla faccia. Aggiungici aver chiamato al telefono, in ordien sparso: Ms Schytt (pronunciato proprio come Shit), Mr Kalender, Ms Akne, Mr Morte e uno splendido maltese. Ovvero: parla inglese con forte accento siculo e una punta di accento arabo, ed italiano con accento siculo ed inglese, ficcando parole in maltese.. E soprattutto, si chiede come faccio a finanziargli la trasferta a Bruxelles per coprire l´evento in questione, visto che Berlino é lontano dalla sua isoletta.

Alcune veritá cui sono pervenuta oggi.

-       Crucco non fa rima per puro caso con « gnucco ». é come se fossero « uomini al quadrato », e non é inteso nell´accezione di virilitá (campo che lascio giudicare a chi ha cognizione di causa). Inteso come di dura cervice, capacitá comunicative limitate, tasto multitask disattivato, affinitá con pensieri complessi e metafore clamorosamente prossima allo zero. Quanto ad intraprendenza sociale : « se stimolato, risponde » ;


-       Dagli gnucchi agli gnocchi : quelli crucchi (ovvero gli gh-no-ci) sono terribili. Me li sono cucinati per pranzo, delle palle che promettevano di essere ripiene di pesto. Mi sento il lupo di Cappuccetto Rosso, con la panza ripiena di pietre che avevano, per giunta,  un pessimo sapore e troppo sale. Perlomeno dovrebbero tenermi sfamata sino a tarda serata e fare da spugna a quanto intendo deglutire;

-       Il pesto ai crucchi piace. Questo weekend mamma Ute (mamma di J.) ci onora della sua presenza, presidiando il divano del soggiorno e ramestando in cucina. Difatti, stamattina ha preparato amorevolmente la colazione, offrendomi…preparatevi…pane spalmato con  burro e pesto. Ho dichiarato di essere di quelli che saltano la colazione, benché, in realtá, l´astensione anche solo a pensarci mi fa venire i crampi.


Intanto, qualche italico verace mi suggerisce che una corretta resa del termine « avere una cotta per » sia « essere sotto per ». Posizionale e non piú gastronomico. Forse regionale ? E pensare che il suggeritore é un mio corsista di bergamasco, proveniente da lande ben piú prossime all´Africa. Ci sarebbe da indire un sondaggio.

giovedì 26 gennaio 2012

chi si spara, chi si cuoce, chi si fuma

Ghiaccio, ma sole. Splendida combinazione, anche se sono quei momenti in cui vorrei che la selezione darwiniana mi avesse dotato di orecchie pelose e mobili, per evitare che restino cianotiche per ore. E forse, anche di neuroni sufficientemente svegli per capire che uscire con i capelli ancora bagnati puó solo portare al congelamento del crine, con un effetto da parrucca di scarsa qualitá.

Fame. Molta fame. Ma volevo tributare qualche altra riga alla Signora Grammatica. Il prefisso "ver", scopro, sta anche per "cambiamento di stato", per cui  "verlieben" indica che uno non esattamente "ama", ma é sulla buona strada per, salvo imprevedibili bucce di banana .

Questo mi riporta ad un altro "ver", che é "verschossen": come se qualcuno fosse "infuocato per", visto che deriva dal verbo "far fuoco" (per capirci, l´inglese to fire). Qualcuno che non é proprio innamorato, ma che é sulla buona strada per essere come "colpito" dall´oggetto dell innamoramento.
Se i crucchi sono sparati ,gli inglesi sono schiacciati ("crush"), i francesi "sono fumati" ("kiffer", che in realtá dall´arabo usano anche i crucchi per le canne), i polacchi "si dondolano" (zabujac sie) ed infine gli spagnoli "sono impiccati" ("colgado").
Va ancora meglio a noi, che stiamo sul culinario e ci "prendiamo una cotta" (o mi sono persa le ultime dello slang giovanile? amletici dubbi). Ritorna l´elemento del calore, conun po´meno violenza. Fonti accreditate mi suggeriscono che i francesi lo associano al fumo per via del piacere.

Bah! Pausa pranzo trotterellando per il parco ghiacchiato.

 

mercoledì 25 gennaio 2012

seduzioni grammaticali

Grammatica : l´odioso passaggio obbligato per chiunque voglia imparare qualunque lingua. Ho sempre provato a dribblarla, a farle l´occhiolino per poi fuggire a gambe levate. Ma, prima o poi, come un monello disubbidiente, si deve tornare da lei, cospargersi di cenere e piegarsi all´ineluttabile.
Ecco perché frequento un corso di crucco, il responso del test d´ingresso come da pronostico : quando si tratta di capire, farsi capire e comunicare, in qualche modo il moi frullatore cerebrale riesce sempre a cavarsela, al netto di brutte figure dovute alla mancanza di qualunque filtro censorio.

Chi mi conosce ha giá un abbeccedario delle mie figuracce oltreconfine.
In inglese, ormai secoli or sono, ho dichiarato che un « blowjob » sarebbe stata un´opzione per pagarmi gli studi universitari (pensavo si trattasse di un lavoro temporaneo, senza aver indovinato di che settore merceologico si trattasse), in spagnolo ho insistito per dormire nello stesso « letto » di un amico, convinta che « cama » fosse la nostra « camera », in polacco ho raggelato i brindanti del nuovo anno mandandoli volgarissimamente al diavolo anziché augurare un felice 2010 (complice un buontempone che si era fatto gioco della mia ignoranza).
In wursitsch ho giá all´attivo qualche chicca, come l´aver ordinato delle “palline anti-tarme” al ristorante, aspettandomi dei succulenti gnocchi bavaresi (scherzone dei miei coinquilini), aver scioccato una coppia di sensibilissimi gay dicendo loro che « non ne potevo piú di ste checche » (avrei voluto lamentarmi dell´afa, ero in Italia), o aver liquidato un rompiballe, al solito convinto che noialtri sudici si sia saccottini ripieni d´amore, dichiarando che « mi sentivo una puttana » (mi sentivo, in realtá, un puffo).

A volte, tuttavia la grammatica riesce anche ad affascinarmi. Per qualche minuto, é vero, ma ci tenevo a renderle un umile tributo, si sa mai che mi grazi e decida di comunicarmi per osmosi le enigmatiche regole sottese all´uso del congiuntivo o che so io.


Il crucco ama i prefissi: particelle che in fronte ai verbi ne alterano completamente il significato. Ma chi sa di cosa sta parlando, condividerá l´odio cordiale per i prefissi mobili, ovvero di quei verbi che si separano o riuniscono a secondo del tempo verbale o a secondo che si tratti di una frase principale o di una subordinata. Mark Twain non riuscí mai a instaurare feeling con quelle dannate sillabe che finiscono in fondo a periodi lunghissimi, tanto da scriverci un intero libro.

Con la mia puntigliosa studentessa Gudrun, ho affrontato l´affascinante tema dei modi di dire italici con i colori (« essere al verde », « mosca bianca » etc), e nella conversazione si é slittati sul « principe azzurro », con buona pace delle 50 e passa di lei primavere. In sunto, la sua posizione era : « io posso anche innamorare un criminale, ja ? anche un uomo grasso e brutto. io penso che importante é Verführung, ja ? »

Führen, Adolf docet, é « condurre, guidare ». Il prefisso « ver », fra i tanti suoi giochi di prestigio, indica qualcosa di negativo, un verbo il cui risultato finale é in qualche modo diverso da quanto ci si aspettava. Quindi, « verführen » é « distogliere dalla retta via, impedire l´arrivo alla meta prefissata ». Piú profanamente, quanto la mia dolce  pupilla intendeva, era « sedurre». Qualcosa che, di solito, uno tenta quando si « verlieben », cioé si innamora. Che, anche lui, comincia per « ver ». Che sia anche innamorarsi un perdere di vista il traguardo fissato ? Fra tutti questi prefissi, non posso far altro che « verlaufen », cioé perdermi, e lasciarmi sedurre, in attesa di innamorarmi anche della grammatica.

sequenzialitá

La sveglia trilla alle 7.40, alle 7.45, congedatami mio malgrado da Morfeo, sono in doccia. Verso le 8 mi trascino in cucina, miscelo con mano ormai sicura muesli e joghurt. Talvolta concedo alla macchinetta del caffé una chance, ma lei, imperterrita, non smette di deludermi e, rimpiangendo il patrio espresso, metá della tazzina finisce nel lavandino, dove evito di contare i piatti che i coinquilini hanno lasciato dopo gli spuntini notturni.

Unica ingognita, il possibile risveglio di N, che ogni tanto pare lavori : questo potrebbe alterare l´ordine immutabile delle mie azioni quotidiane, eventualmente richiendedo alle mie corde vocali di mettersi in funzione prima del solito e alle mie tappe di toelettatura di armonizzarse con le sue.

Scoccate le 8.30, mi avviluppo in vari strati e inforco la bici. Casomai la routine avesse bisogno di una conferma, da 4 mesi nel lettore mp3 ho sempre e soltanto i soliti brani, perché qui in Germania i siti per il download che conosco sono tutti oscurati e mi hanno paventato la deportazione per scaricamento illegale. Era la compilation tamarra che mi ero prescritta per il road-tripping californiano, con contributi di amici e conoscenti sparsi un po´ovunque sul globo, cosí mi ritrovo con dell´ incomprensibile dub serbo, pseudoballate ispaniche e rap neozelandese.

Legato il moi destriero, estraggo il beeper o, piú da saga fantasy, il mio transponder, bippo ed entro nel reame dell´ufficio. La mia fascia oraria é sempre 8.48-8.57, dipende da quanti semafori o pedoni a briglia sciolta incoccio nel percorso.
Quinto piano, giusto nel sottotetto vetrato, una serra di fin troppi virgulti, per fortuna vista parco.
Alla moviola penso che I miei gesti sarebbero millimetricamente identici ogni volta: con passo deciso mi avvio alla mia postazione, un “morgen” alla capa che giá da tempo é incollata a facebook, mentre mi sfilo la sciarpa accendo il pc, pregando che, come é successo ieri, qualche inghippo informatico lo azzoppi per un po´. Poi sgambetto al quarto piano, refrigero la pappa, riempio la bottiglia di acqua e risalgo, pulisco gli occhiali in sincrono col collega dirempettaio e voilá.

Ma il mercoledí é il mio giorno preferito: l´agenda del dopo lavoro recita « libero ». Prima, peró, comincia lo sport in cui sto diventando regina : la caccia al giornalista, ovvero chiamate a qualunque media europeo per raccattare un minimo di presenza mediatica ad un evento organizzato dalla Commissione Europea. Il mio mp3 mentale diventa un loop infinito di “sono MF, chiamo da MC Berlino, volevo invitarla a…”. E qui il brivido é dato da segreterie in finlandese, centraliniste grecofone e spelling ungheresi.




domenica 22 gennaio 2012

Saggio di crucchità e indennizzi pre-maternità

Oggi ho compiuto un altro passetto sulla via della germanizzazione, o meglio, un'altra pedalata. Fermo restando il sostrato (pseudo)mediterraneo che non manco di sfoggiare quando le antenne avvertono un quoziente di crucchità troppo elevato nell' aria.

Ore 8.30, sveglia.
Doccia e, crine sciolto e ancora grondante, mi intabarro e sfido il vento perfido, che spira (credo) a molti nodi e si fa beffe delle creme antirughe che ho sempre in mente di procurarmi, prima o poi. Afferro un "kaputschino", ci mischio cacao e cannella (spezia che di cui mi sono innamorata  qui in Crucchia) e via in sella.

E questo è il saggio di crucchità: sfido il gradiente di Prenzlauerberg (qui si chiama Berg/montagna qualunque dislivello, anche appena percettibile) sorseggiando la calda bevanda al vago sentore di cappuccino mentre pedalo. E' l'impagabile vantaggio dei freni a pedale, che lascia le mani libere di aggrapparsi al bicchiere come ad uno scaldino. Quasi tutto qui è anche "zum mitnehmen", cioè in versione da portarsi appresso, e le bevande calde sono comprabili in bicchierozzi di materiale riciclabile con annesso coperchio a prova di schizzo.

Sgambetto gagliarda e, per evitare il contatto con la sella indurita dalle intemperie, mi rizzo sui pedali. In Italica ritmare il pedalamento con il lato B cagiona come minimo un codazzo di clackson, assolutamente slegato dalla qualità dell'esposizione posteriore, purchè si intuisca che abbia vaghe parvenze muliebri. Qui è tecnica di sopravvivenza.

Dribblo qualche ubriaco che mi grida "buona sera, e tanto divertimento", unica parte del corpo scoperta le narici e gli occhi, che vagano sullo spettacolo sempre piuttosto deplorevole del centro città abbandonato a se stesso nelle mattinate del weekend, con bottiglie che rotolano e persone che ciondolano.

Postilla: 3 sono le domande che qualunque barista e cameriere vi porrà, che si tratti di un ristorante di lusso o di un trabiccolo aperto tutta notte per la fame chimica.

1. Kommt noch was dazu? Prende ancora qualcosa? (e questo perchè non possono credere che tu voglia solo un cappuccino la mattina, senza un panino con la pancetta, o solo uno spicchio di fintopizza la sera, senza wurstel e cipolle fritte)

2. Zum Hiertrinken / Essen oder zum Mitnehmen? mangia/beve qui o porta via? perhcè contenitore e confezione, naturalmente, variano. Nota della nota: il kebab qui, oltre che anche in due versioni vegetariane, con combinazione di formaggi e diversi tipi di pane, esiste anche in "box", stile spaghetti cinesi. Un kebab box: stessa, grassa bontà, ma niente che cade a terra fra un morso e l'altro.

3. Getrennt? separato? ovvero se pagate tutto insieme, oppure ognuno il suo. Provate a spiegare "alla romana" ad un crucco, o a dare per scontato che l'amico con cui uscite vi offra una birra: potrebbero sottoporvi ad un altro saggio di crucchità, tema: eguaglianza dei sessi.

E qui voglio citare la teoria della mia cara amica V., che però ancora non ho esposto a queste latitudini, timorosa di infilarmi in discussioni che potrebbero prendere pieghe anche serie: se un uomo non si degna nemmeno di pagarmi da bere, che futuro può dare ai miei figli? L'interessante idea sottesa è che quanto pagato dal cromosoma XX di turno sia una sorta di indennizzo per l'impagabile fatica che, almeno a livello potenziale e teorico, la XY deve preventivare per la gravidanza. A voi l'ardua sentenza.

venerdì 20 gennaio 2012

Sottigliezze

Dovrei aver capito che i tedeschi han dimestichezza con le metafore e tutto ció che é sottile quanto io ne ho con cose come: smalti, ideogrammi e punto croce. Eppure no, ieri ho voluto di nuovo fare la parte di madre Cornucopia, di Dea dell´Ábbondanza, di Madrina della Generositá.

Dopo una settimana a ritmo disumano al lavoro, ieri decido di boicottare il corso di crucco. Non ho fatto I compiti, ho delle rane che mi sguazzano negli stivali paludosi,  delle occhiaie da guinnes dei primati, intesi ovviamente come nostril progenitori arboricoli. Unica sosta fra l´ufficio e casa, EDEKA. Il negozio piú vicino, dove faccio incetta di generi alimentari, perché per una volta voglio spadellare e mangiare come Dio comanda. Dio mi fa capire di stare dalla mia parte, per oggi, perché a casa non c´e´traccia di essere umano. Cosí preparo una bella padella di verdure miste, cotte nel vino bianco, con spezie e formaggio, e due belle  Schnitzellone con sughetto di vino rosso e pomodoro. Nel frattempo, riesco persino ad infilarmi in doccia e a riprendere sembianze umanoidi.

Lo stesso Dio di cui sopra si rivela, tuttavia, un beffardo zuzzerellone : nell´esatto secondo in cui mi siedo col mio agognato desinare, J & consorte irrompono. J é due metri di crucco, magniachilometri sulle due ruote e vogatore incallito. Inevitabile conseguenza: la  quantitá di cose commestibili e non che riesce ad ingurgitare esula dalle mie capacitá descrittive, e questo dettaglio avrebbe dovuto essermi di monito.
Vicino alle padelle, a mo´di preventiva bandiera colonizzatrice, lascio un bel tupperware, segnale iinequivocabile che ció che resta della cena sará infrigato ad usum delphini. Mi sento pronunciare a piú riüprese « Figurati, prendi quello che vuoi, mangia pure », convinta, in fondo, che si intuiscano i miei piani di oculato management delle risorse alimentari.

Il giovane J. deve poi correre ad un  torneo di biliardino, non ha tempo. La sua solerte donna ha giá messo a bollire l´acqua, confido che il kg di spaghetti scotti contribuiranno a riempirlo senza intaccare troppo le mie sospirate riserve.
Niente di piú errato. Se ad un crucco dici « puoi mangiare », l´idea che sia una gentilezza da non prendere sul serio, o perlomeno nont roppo sul serio, non sfiora nemmeno la piú remota periferia del loro sistema cognitivo. Senza riuscire a proferire verbo in difesa della mia fatica fornellifera, vedo una padella intera di verdure finire nelle fauci teutoni, spazzolate a tempo record. La pasta risulta essere solo un contorno : una prima volta della Schnitzel, una seconda della verdura, una terza pure, ed infine, in mancanza di meglio, J ingurgita pasta e ketchup, sotto il moi sguardo esterrefatto.
Non so se sia meglio piagnucolare e prendermi a sberle, in quei due metri di inscalfibile consequenzialitá germanica é incamerato il moi pasto del venerdí, il salvataggio della mia serata, un click sul micronde e via.

Sará per lo stesso motivo che quando si esce a bere una birra con un crucco, lo si ritrova attivo in ogni possibile formato (virtuale, telefonico, messaggistico), convinto di un insossidabile, speciale feeling ? O che ogni volta che me ne esco con una battuta, dovrei munirmi di pagina 777 del televideo, con sottotitoli ?

Bizzarro popolo.
Ah, morale della favoletta. oggi, a pranzo, un tristissimo panino nero con una fetta di "vecchio gouda". Mi sentivo la piccola fiammiferaia.

martedì 17 gennaio 2012

Di grigiori, cani femminili e quadri fiamminghi distorti

Un inverno anomalo quassú, piú un eterno autunno padano, con pioggerellina ghiacciata che storta le lune universali a partire dal momento in cui si inforca la bici per andare al lavoro. Grigio ovunque. Manca da una settimana anche il mio transilvano dirimpettaio di scrivania, cosicché anziché una spaziosa fronte, somigliante ad una trincea del fronte orientale, per l´impietosa combinazione di calvizie precoce e persistente acne giovanile, mi tocca guardare in faccia una ciminiera. Grigio su grigio, oggi non si distingue il profilo del fumo che si riversa nel cielo. Aggiungeteci che é anche il colore scelto oggi dalla mia giunonica capa, che occupa la metá sinistra del mio raggio visivo , e che alla mia destra siede una madrilena senza spessore, ma di cui avverto la presenza, cinicamente in questa giornata da cani, per l´acredine di fumo di cui é fatta.
Tra qualche ora nell´aria si infilerá un sentore di umano stantio, provato dal tasteggio quotidiano e scandito dal fuoco incrociato delle telefonate da mezzo mondo. Mi ricorda l´infinita mezz´ora passata nella bara semipaerta per una risonanza magnetica alla colonna vertebrale, immobile ed impotente dentro i suoni da veogioco di guerra, la voglia irrefrenabile di sentire che miei arti ancora si muovevano, e il cervello che li costringeva a restare inchiodati dov´erano, nonostante il bombardamento senza sosta, le stridule urla…

Aaah.

Agli orari piú impensabili, a turno ogni stomaco alzerá bandiera bianca, e molti avranno l´infausta idea di mangiare davanti al loro schermo, al lume dei loro pixel tremolanti. Naturalmente qualcuno sceglierá una zuppa di cipolle, altri punteranno su un mix letale di spezie asiatiche, qualcuno avrá l´ardire di farsi recapitare China Box untuosi e maleodoranti dal vicino trabiccolo pseudocinese.

Oh sí, stamattina sono tollerante ed amabile.

Ieri ho chiesto alla mia novella pupilla, Gudrun, di descrivermi una persona qualunque che l´avesse impressionata subito, a prima vista. « Il mio zio, che ha avuto semrpe molti amici femminili e anche cani femminili ha avuto ». In un nanosecondo valuto se dirle « cagne », poi opto per una correzione piú light, giusto per non scadere nel volgaraccio.

Da giorni ho in mente un quadro fiammingo al contrario. Devo averlo visto da qualche parte, in qualche recesso della mia memoria a lungo termine, che trattiene reminescenze liceali, non so. Un quadro olandese, di quelli del Secolo d´Oro delle Province Unite, che fino a qualche mese fa costituivano un mio sogno accademico ricorrente. Al pianoforte una minuta fanciulla, i riccioli d´oro l´unico vezzo nella composizione sobria, l´unico movimento che osa contro l´altezzosa autoritá del suo tutore, impettito e in nero di fronte a lei.

Nel mio quadro, seduto al pianoforte c´é un ingombrante violinista dell´Est, che potrebbe essere un qualunque, attempato proprietario di giostra, di quelli che fan pellegrinaggio tra Santi patroni e Madonnine nei nostri paeselli, incitandoci a prendere al volo i codini per un altro giro, o che comunicano alla macchinina 5 che tipo con la maglia blu é un gran figo. Lo scolaro ha i capelli grigi, curvo su una sedia fin troppo piccola, ma prende infaticabilmente appunti, con compunzione quasi religiosa. Ogni nota sulla pronuncia é un nuovo lume che rischiara l´altare su cui sta la sacra Musica. Sulla sedia accanto non c´é un austero profilo, bensí una faccia assonnata, delle occhiaie fin troppo rivelatrici dell´indice di gradimento della vita notturna berlinese. Non ho nemmeno la decenza di cercare di impersonare un mentore : ho tentato una volta di darmi un tono, imbragandomi nei pantaloni che puntualmente ogni anno mia mamma mi regala, seguendo l´andamento del mio girocosce, i classici con riga di lato, nero smagrente o gessato slanciante. No, il mentore é accasciato sulla sedia, curvo sotto una scoliosi ereditata  dal recente passato studentesco e che tradisce l´anagrafe: nata nell´era della terza mela, non quella di Adamo, non la newtoniana, bensí quella di Jobs. Quadro grottesco, alla Bosch.

Il trillo dei telefoni e il pizzicore alle narici mi distolgono dai miei odi e dalle rincorse a ricordi liceali.



domenica 15 gennaio 2012

Il frigo, col sottile gioco di parole "Puliamo da te o da me?" E notare che "mir" (da me), sono pure io (Mir)

Compartimentazione

Pappa (devo migliorare la presentazione, ma il gusto è ottimo)

Colori

Bagno

Bagno: dettaglio delle piastrelle con l'etichetta della birra di Berlino per eccellenza

ritratto d'autore

angolo ricreativo

di eugenetica frigorifera e indice di sposabilità

Oggi versione angelo del focolare. La mia metamorfosi è cominciata appena aperti gli occhi, quando la visione appannata ha messo a fuoco lo scempio della mia camera, raggiunta non ricordo bene come la notte prima. Istinto di sopravvivenza allo stato puro: sarei piaciuta a Danilo Mainardi, mentre caracollavo per le strade di Berlino, consapevole che ogni secondo speso a riflettere sulla direzione da prendere per rincasare poteva costarmi la morte per ibernazione.
Rammento l'accurata scelta della vodka da portare  a C., che mi ha invitato per delle caserecce lasagne: bottiglia minimalista, bianca e nera, col quel tocco di kitsch postsovietico nel sigillo con un martello rosso. Vodka Partizan, Bielorussia. Si accompagnava splendidamente ai finti amaretti danesi, che hanno un nome di trenta lettere, di cui, però, se ne pronunciano la metà. Penso che per simulare il danese basti gorgogliare e goglottare senza sosta, possibilmente con una parrucca color evidenziatore TrattoVideo.

Dunque, il samsiano scarafaggio che ero stamattina ha deciso di fare ammenda dedicandosi alla casetta. Previa doccia per cercare di riattivare i neuroni superstiti, si va di meticolosa pulizia del bagno e della cucina, tutto con passo felpato per non destare i coinquilini.
E poi:  eugenetica del frigo. Pollice verso ed eliminazione istantanea di tutti quei fenotipi sospetti, con l'aria mesta di chi sta invecchiando. Una mela raggrinzita, un formaggio non più candido, vasetti sottratti al protettivo sottovuoto finiscono ognuno nel sacchetto che li accompagnerà al disintegro, non c'è pietà nelle mie mani, padrone del destino di tanta diversità gastronomica.
Non paga, tronfia d'arbirtrio, decido che è anche ora di sortieren. Ogni mattina per raggiungere il mio joghurt, devo sottopormi a uno sfibrante esercizio di perizia manuale, tastando fra pile di scatolame, dribblando salami e zucchine per non far crollare la fragile edilizia frigorifera.  E' così che compartimento i vari ripiani, assegnando ad ognuno, con un post-it, il suo angolino, per evitare sottrazioni indebite di cibo e ricerche interminabili. Mi sembra teutonicamente accurato, corretto, l'ecosistema frigo ha trovato un nuovo equilibrio e rifulge di ordine e praticità.

Ebbra per l'atto d'autorità, attivate lavatrice e lavastoviglie per ultimare l'opera di risanamento, scopro con piacere che J e N. hanno un allenamento per la regata. Prodi virgulti d'ariano vigore, siate benedetti, che io mi godo la quiete domestica, da casalinga soddisfatta. Ritorno in cucina, signora dei fornelli, e sotto guardinga supervisione materna via skype, dò alla luce il primo risotto alla milanese della mia carriera. E poi ancora, cucino verdure e tofu, tutto poi compartimentato in tupperware in visione del ritmo mortale della settimana incipiente.

Direi che il mio indice di sposabilità, per oggi, è quasi una tripla A.

martedì 10 gennaio 2012

cronache di ordinaria berlinitá

Scoccate le 18, in groppa al mio destriero biruote (ormai monco del faro davanti), pedalo verso Gudrun. Questo il dolce nome della scultorea crucca con cui comincio un nuovo corso di conversazione italiana. Dopo un piluccamento di passato prossimo e imperfetto, passando per "essere come cane e gatto", lascio il suo metro e ottanta e qualcosa e penso di godermi il silenzio della maison.

Non avevo fatto i conti con l´altra Sirena che canta a Berlino: quella della perdizione. E invece di probi marinai coi tappi alle orecchie, sono circondata da entusiasti compagni d´avventura che in pasto alle Sirene mi ci gettano.
L´amica italiana C. mi invita per un innocuo mangia&via fuori casa, e cosí faccio, mettendo a tacere i ruggiti ventrali che mi perseguitano da troppe ore, da quando, cioé, mi son svegliata scoprendo che J&N (ma sospetto J) hanno spazzolato impunemente la mia colazione.
La prodiga C. sfodera una bottiglia di vodka e un provvidenziale Späti (negozietti aperti tutta notte) ci fornisce la Fanta per mischiarla. A qualche via da casa mia c´é un "language exchange": frotte di umanitá da ogni dove e una torre di Babele stipata in un barettino arredato all´oriental-Ikea.
É cosí che incontro la prima mongola della mia vita, di cui, ahimé, non ricordo il nome, e anche Uwe, nome che scopro non essere muliebre, visto che designa un corpulento (e calvo) trentenne che comincia dove finisce la sua bottiglia di birra.
Non ricordo a quante stupidate e in quante pseudolingue ho dato fiato, ma il momento del non ritorno é arrivato quando un azero (altra nazionalitá pregiata) ci ha trascinati al vicino salsaclub. Ho abboccato perché l´ingresso era gratuito e si prospettava un interessante human watching, visto che io ballo con la stessa voglia (e grazia) con cui un orso con la sciatica camminerebbe in un negozio di Swarowski.

Per evitare di avere a che fare con la buon costume, evito di descrivere il mio tentativo di ballo, frutto di coercizione e circonvenzione di incapaci. Stringevo in mano a mo´di minaccia la carta di identitá di un americano residente a Mosca e ho preteso che il supplizio della salsa venisse condiviso dagli altri recalcitranti come me: un rasta svevo che mi parlava in francese, e il sosia americano di ET che pretendeva che io capissi il suo zoppicante ceco.

All work and all play makes me a freaky girl. 

domenica 8 gennaio 2012

Camminata domenicale

A zonzo verso il Mauer Park con B. e la H da aspirare giusto in mezzo al suo nome. Meditativa, uggiosa domenica.
"La volontà umana può spostare ogni cosa: questa casa una volta era in un altro Paese"

"Salvate la salsiccetta"

Bellezza

Prendi un sabato mattina qualunque, il primo da mesi in cui non devi raggiungere un violinista romeno per tradurre i testi de "Le nozze di Figaro". Un paio d'ore di sonno extra, che in fondo sai di non meritare ma ti godi, e poi addirittura ti concedi uno pseudocappuccino e una brioche al self-service fuori casa. Il tempo è impietoso, pioggerellina ghiacciata e raffiche di vento rabbiose, ma Berlino è lì, grigia eppur ammiccante, pare di sentire il canto di qualche Sirena nascosta fra le cicatrici di questa città democraticamente maltrattata da antidemocrazie di destra e di sinistra, un richiamo irresistibile fra i casermoni, il cemento e il cielo plumbeo.
Giaccone e cappuccio, zaino in spalla, e con la scusa di dover riempire il frigo, sgattaiolo fuori dal WG ancora dormiente, rassegnata a dover più tardi pulire, al solito, lo scempio che J&N hanno lasciato in cucina.
Dribblo frotte di pericolosi ombrelli vaganti, sotto cui immagino trovarsi altrettanti turisti, e zompetto di qua e di là dalla Sprea.
Capito al museo di Schinkel, grande architetto prussiano, il cui solo difetto pare essere la quasi omofonia con "prosciutto". E lì, il Caso mi concede di buttare l'occhio sulla Bellezza.

Sacrilegio supremo, ho dimenticato la macchina fotografica. Il museo ospita una piccola esposizione (ma con l'impagabile pregio di esser gratuita) in una ex chiesa, un affestellamento di busti, statue, fregi della scuola neoclassica. Non c'è luce nel sabato berlinese, e comunque l'austerità della chiesa gotica non permetterebbe al sole di lustrarsi i raggi con questi marmi e bronzi.
Credo di essermi fermata per interminabili minuti, la bocca ad "O" davanti alla regina Luisa di Prussia morente. La seconda prova per il suo sarcofago è semplicemente sublime, non riesco a non toccare furtivamente il sudario e i veli, perchè il mio cervello non può concepire che siano di marmo e non veri. La guardo negli occhi mestamente tristi, sembra colta nell'esatto momento in cui quel soffio che chiamano anima la lascia, forse per sempre.


E' un sabato fortunato. Tramite il mio provvidenziale studente, io, Agata1 e Agata2, nivee e impeccabili polacche in versione abito da sera, ci ritroviamo nel palco centrale, fila 4 per la Turandot. Il motivetto "all'alba vincerò" che associo a non so quale pubblicità dell'infanzia, prorompe dal petto di un tozzo tenore e mi inchioda alla poltroncina. Di nuovo, sono di fronte alla Bellezza, mi sembra abbia una forza talmente pura da non riuscire a muovermi.

Con negli occhi le contorsioni del marmo indocilito dal genio umano, e nelle orecchie lo strazio della schiava Liu, impiccata per amore del suo padrone, torno poi alla mie consuete paludi: nella borsa ho una maglia dell'Atalanta per omaggiare il neotrentenne C., catalano e amico doc.
La Sirena tace, ma spero mi sussurrerrà di nuovo presto..


PS: ma "sussurrerrà" è una tortura da pronunciare...provate a farlo da inglesi, tedeschi, francesi o cinesi.

mercoledì 4 gennaio 2012

Ritorno in Alemagna

e se ne andò anche il Natale
quest'anno un po' speciale
già era tre mesi
che la via de' nord presi
eppur sin dal mio ritorno
gaio et dolce fu'l soggiorno.
A segno de l'amor de' mia gente
riparto con lipidico salvagente.
Me ne vo da'popol d'Angela fiero,
e lo sapete, vero, non è Piero.
Et sempre dalla mia trasferta
rest'amica fedele et allerta

lunedì 2 gennaio 2012

di Michelassi, lipidi e piccole Angie

Tic-tac. Il soggiorno in patria volge quasi al suo scadere. Ho ben sciacquato i panni, sul Serio. Ancora per 3 giorni sarò Michelas ufficiale: mangià, bif e 'ndà a spas o, nella versione più libertina, fa' u' cas.
E, udite, udite, con permesso vidimato nientemeno che dai genitori.
Sbucano parenti d'ogni dove per portarmi l'italico desinare, nutrizione forzata per temprarmi ai rigori dei mangiacrauti.Sento il tepore confortante di un salvagente lipidico, segno tangibile dell'ammmore latino in cui sguazzo in questi giorni. Il privilegio dell'espatriato, manco ripartisse per il fronte, per cui ogni uggia è un ordine. Per una volta, se non rifaccio il letto o non sparecchio, nessun rimbrotto, del resto son qui per fare il pieno di pasta, amore e fantasia, una ricarica che deve durarmi fino al prossimo pit-stop.

Intanto, la mia sempre crescente schiera di varia umanità berlinese si fa sentire. Così B. mi chiede se so fare gli gnocchi. Ora, non è che lo gnocco si dà così in pasto al primo Wurstel che passa. Si metta in lista d'attesa, e valuteremo il suo caso. Del resto, a naso i crucchi passano da zero a cento con la nonchalance di una Ferrari, in fatto di socialità. Quanto sta in mezzo, credo lo lascino a pochi poeti e rimatori d'eccezione.
Del resto, potrei fungere da buona cartina tornasole: sempre più assomiglio ad una nipote della buona Angie (per fortuna i nipoti di premier dovrebbero essere andati fuori moda per la stagione 2012), ma tengo cuore italiano. Per cui staremo a vedere, forse il 2012 prevede qualche sfizievole incontro ravvicinato con il genere Crautus berlinensis.

Buon 2012, voi lì fuori.