martedì 17 gennaio 2012

Di grigiori, cani femminili e quadri fiamminghi distorti

Un inverno anomalo quassú, piú un eterno autunno padano, con pioggerellina ghiacciata che storta le lune universali a partire dal momento in cui si inforca la bici per andare al lavoro. Grigio ovunque. Manca da una settimana anche il mio transilvano dirimpettaio di scrivania, cosicché anziché una spaziosa fronte, somigliante ad una trincea del fronte orientale, per l´impietosa combinazione di calvizie precoce e persistente acne giovanile, mi tocca guardare in faccia una ciminiera. Grigio su grigio, oggi non si distingue il profilo del fumo che si riversa nel cielo. Aggiungeteci che é anche il colore scelto oggi dalla mia giunonica capa, che occupa la metá sinistra del mio raggio visivo , e che alla mia destra siede una madrilena senza spessore, ma di cui avverto la presenza, cinicamente in questa giornata da cani, per l´acredine di fumo di cui é fatta.
Tra qualche ora nell´aria si infilerá un sentore di umano stantio, provato dal tasteggio quotidiano e scandito dal fuoco incrociato delle telefonate da mezzo mondo. Mi ricorda l´infinita mezz´ora passata nella bara semipaerta per una risonanza magnetica alla colonna vertebrale, immobile ed impotente dentro i suoni da veogioco di guerra, la voglia irrefrenabile di sentire che miei arti ancora si muovevano, e il cervello che li costringeva a restare inchiodati dov´erano, nonostante il bombardamento senza sosta, le stridule urla…

Aaah.

Agli orari piú impensabili, a turno ogni stomaco alzerá bandiera bianca, e molti avranno l´infausta idea di mangiare davanti al loro schermo, al lume dei loro pixel tremolanti. Naturalmente qualcuno sceglierá una zuppa di cipolle, altri punteranno su un mix letale di spezie asiatiche, qualcuno avrá l´ardire di farsi recapitare China Box untuosi e maleodoranti dal vicino trabiccolo pseudocinese.

Oh sí, stamattina sono tollerante ed amabile.

Ieri ho chiesto alla mia novella pupilla, Gudrun, di descrivermi una persona qualunque che l´avesse impressionata subito, a prima vista. « Il mio zio, che ha avuto semrpe molti amici femminili e anche cani femminili ha avuto ». In un nanosecondo valuto se dirle « cagne », poi opto per una correzione piú light, giusto per non scadere nel volgaraccio.

Da giorni ho in mente un quadro fiammingo al contrario. Devo averlo visto da qualche parte, in qualche recesso della mia memoria a lungo termine, che trattiene reminescenze liceali, non so. Un quadro olandese, di quelli del Secolo d´Oro delle Province Unite, che fino a qualche mese fa costituivano un mio sogno accademico ricorrente. Al pianoforte una minuta fanciulla, i riccioli d´oro l´unico vezzo nella composizione sobria, l´unico movimento che osa contro l´altezzosa autoritá del suo tutore, impettito e in nero di fronte a lei.

Nel mio quadro, seduto al pianoforte c´é un ingombrante violinista dell´Est, che potrebbe essere un qualunque, attempato proprietario di giostra, di quelli che fan pellegrinaggio tra Santi patroni e Madonnine nei nostri paeselli, incitandoci a prendere al volo i codini per un altro giro, o che comunicano alla macchinina 5 che tipo con la maglia blu é un gran figo. Lo scolaro ha i capelli grigi, curvo su una sedia fin troppo piccola, ma prende infaticabilmente appunti, con compunzione quasi religiosa. Ogni nota sulla pronuncia é un nuovo lume che rischiara l´altare su cui sta la sacra Musica. Sulla sedia accanto non c´é un austero profilo, bensí una faccia assonnata, delle occhiaie fin troppo rivelatrici dell´indice di gradimento della vita notturna berlinese. Non ho nemmeno la decenza di cercare di impersonare un mentore : ho tentato una volta di darmi un tono, imbragandomi nei pantaloni che puntualmente ogni anno mia mamma mi regala, seguendo l´andamento del mio girocosce, i classici con riga di lato, nero smagrente o gessato slanciante. No, il mentore é accasciato sulla sedia, curvo sotto una scoliosi ereditata  dal recente passato studentesco e che tradisce l´anagrafe: nata nell´era della terza mela, non quella di Adamo, non la newtoniana, bensí quella di Jobs. Quadro grottesco, alla Bosch.

Il trillo dei telefoni e il pizzicore alle narici mi distolgono dai miei odi e dalle rincorse a ricordi liceali.



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