venerdì 30 marzo 2012

angeli sessuati

"non innalzare la donna al cielo, ti tradirá con un angelo".

Questa la perla di sessista saggezza romena che ho imparato ieri, durante il mio corso di italiano.
Noi, al massimo, innalziamo agli altari, dunque potrebbe esserci tradimento con il sacerdote, ma in Romania chi sfoggia l´abito talare non é tenuto al celibato. Oppure incensiamo, in tal caso la fedifraga partner potrebbe preferire un chierichetto, preda prelibata e sempre contesa. Del resto, da noi gli angeli non hanno sesso, quindi si presume non possano cadere in quel particolare genere di tentazione. Dettaglio che mi ha sempre lasciato perplessa, perché i rubicondi cherubini, piuttosto che l´iracondo arcangelo Michele o l´ambiguo Michelangelo me li immagino sempre aitanti giovani in overdose di Redbull. Che poi, si sa, a perdersi in disquisizioni su "signor" o "signora" angelo si rischia che un´orda di maomettani ci sfasci le mura di casa.
Si dovrebbe trovare una bella forma grammaticale neutra, come fanno i teutoni con "Mädchen", che indica una ragazza ma non le attribuisce alcun sesso.

E dopo quest´incursione celestial-sagrestana, mi tocca tornare tremendamente a terra. Il menú del giorno prevede: monitoring degli articoli incentrati su programmi di ricerca europei, rompimento delle sfere medicee a ignare camere di commercio a tema marcatura CE, interessarsi della campagna contro il morbillo infantile della UE.

Per poi fuggire verso il sontuoso, ammiccante abbraccio del fine settimana.
Qui il passaggio incriminato de "Le nozze di Figaro", unde malum della mia chicca romanesca. (E immaginateviil sudore della traduzione).

Aprite un po' quegl' occhi,
uomini incauti e sciocchi,
guardate queste femmine,
guardate cosa son!
Queste chiamate Deë
dagl' ingannati sensi,
a cui tributa incensi
la debole ragion!
Son streghe che incantano
per farci penar,
sirene, che cantano
per farci affogar,
civette, che allettano
per trarci le piume,
comete, che brillano
per toglierci il lume;
son rose spinose,
son volpi vezzose,
son orse benigne,
colombe maligne,
maëstre d'inganni,
amiche d'affanni
che fingono, mentono
amore, non senton,
non senton pietà,
no, no, no, no!
Il resto nol dico,
già ognun lo sa!

mercoledì 28 marzo 2012

Meditazioni marzoline in clima novembrino

Ci sono 7 gradi e il cielo é color epatite, il pallore del sole si fonde con il grigio delle nuvole e sembra di stare in uno di quei quadri dipinti fra le due guerre, con un malessere sottese nell´aria, non manifesto, eppure percepibilie. Io mi ostino, tuttavia, a sfoggiare magliette da gaio marinaretto, attenendomi al calendario e incurante dei segnali del meteo.

Ieri ho inaugurato il balcone e, poiché “Nur ein Schwein trinkt allein“ („soolo un maiale beve da solo“), mi ci sono molleggiata con B. e il mio coinquilino. Decifrare l´accento tremendo di D., che parla a velocitá supersonica e molto di piú della media crucca, é impresa ardua per I miei neruoni, specie a fine giornata, e specie alla fine di una giornata densa come quella di ieri. Lavorando in un job centre, dove l´umanitá piu´varia é obbligata a recarsi in caso di disoccupazione, ha una collezione di CV e lettere di presentazione che mi mostra tutto beato. E visto che „in der Kürze liegt die Würze“ („Brevity is the soul of wit“), abbiamo incoronato vincitore chi scrisse “non ho mai lavorato né ho particolari abilitá, ma poiché non ho scelta e devo mandare una lettera di presentazione, la scrivo e spero Iin una pronta risposta”.

Certo la vista sul nostro bel balcone non é caraibica, ma un po´di human watching risulta, comunque, antropologicamente sfizioso. Abito a 200 metri dalla stazione della S Bahn, dunque da un paio di fast food, un kebabbaro,  uno Späti. Duecento metri piú avanti cé una lingua di verde, velleitariamente battezzata “parco” e dedicata ad un eore comunista, la cui mastodontica testa scoraggia I visitatori sin dalla strada .


Stamattina, maledicendo la giornata novembrina, sono pure incappata in una scontrosa guardia che presidiava l´amabasciata turca, a 500 metri dal mio ufficio. Senza proferir verbo, mi ha intimato di pedalare a distanza dall´entrata, sis a mai che tenti di stendere qualche pezzo da novanta con la mia gazzellona arrugginita, che peraltro continua a darmi grattacapi.

Infine, un articolo in cui sono incappata per caso, ma che non puó che empir d´ebrezza il mio ego: per coloro che non possono bearsi del crucco, si tratta di una ricerca che proverebbe come I mangiatori di cioccolato siano vittime solo a parole di un girovita oltre misura,  in realtá non ci sarebbe correlazione fra introiettamennto hardcore del cibo degli dei e la ciccia. Per cui (oggi sono in vena di sistematizzazione delle perle crucche che raccolgo qua e lá), potró crogiolarmi da brava “Naschkatze”, cioé golosona, che qui ha a che fare col gatto.

Quindi, in sostanza, I bei felini sono al maschile I postumi da sbornia, al femminile gli irriducibili del dolce. Non per niente sono battezzata e confermata gattolica, come diceva il buon e giá citato Giorgio Celli.

domenica 25 marzo 2012

ho un gatto

Prendi un paio di amici italiani che portano amici di amici e conoscenti. Shakerali col mio drinking buddy polacco, un paio di fidati amici crucchi, una pin up russo-svedese e schiaffali in un postaccio a Neukolln.

E' finita con ulteriori acquisti per il mio futuro circo delle meraviglie. Eh si, perchè ormai ho deciso che girerò l'italico stivale mostrando la mia capa che dice "sì, Madonna", B. che esclama "che pazienza, cazzo", il mio studente che spiega la "regola della L" e altre maraviglie. Già ce la vedo, la mia giunonica capa, saltellare gaudente al mio lancio di un wusterone come ricompensa per la perfomance.

Oggi, ho un gatto. Qui i "postumi", "l'hangover", si chiama "kater", cioè gatto (maschio). Ignoro l'etimologia. E ci si è messo pure il cambio dell'ora a tirarmi un colpo gobbo, giusto il mio ultimo giorno in questA casetta. Ma ormai tutto è pronto, a breve stendo le lenzuola e via.

Ricetta contro il micio: una mega ciabatta con i resti di gouda che ho raccattato, talmente grossa che dovrei avere la struttura cranica di un anaconda per mangiarmela. Poi, macchina fotografica, via in sella verso il Mauerpark. I gradi sono circa 11, ma il cielo è azzurro da manuale. Alle 18.30 si rientra con gli uomini di fatica assoldati per la bisogna, e ci si trasferisce nella nuova tana.

Miao!

sabato 24 marzo 2012

Di sole, di Quark e di celle

Primavera a Berlino. A guardar fuori, uno penserebbe di essere a Rimini a luglio. I tedeschi hanno la sindrome delle lucertole: appena spunta il primo raggio di sole della stagione, sfoggiano braghini e canottiere e in pausa pranzo ci si spiaggia lungo il fiume schitarrando. Anche il bar piu squallido raccatta due sedie di plastica e colonizza un quadrato di strada. Bisogna stare all´aperto, il piu possibile, magari su spiagge finde immaginando che la Sprea ancora fredda sia un tratto di Mediterraneo, troppo pigro per stirarsi sornione al sole.

Oggi 7 ore di corso di Excel, magnanimamente pagato dall´azienda Mi viene da piangere. Ovviamente, caso vuole che sia capitata nel posto piu´lontano possibile dalla crucchissima insegnante, quindi dalla proiezione dello schermo su muro, in barba alle mie diottrie sempre piu´scarse. Sempre per generoso dono di madama Fortuna, la mia vicina di banco, da cui contavo di copiare e spiare ogni qualvolta "shift" o "control" in wurstisch non mi sono chiari, é intenta ad accarezzarsi le doppie punte e ad aggiornare Facebook (non che io mi impegi molto di piú). Il mio cuore é colmo d´ebrezza.

Scrivo a spizzichi tra una funzione e l´altra, rendendomi conto che non sarei in grado di usare Excel in italico. Mentre mi si spiega la funzione "se", scruto le teste intorno a me. La piú scura é castano chiaro, atolli di code di cavallo o chignon che vanno dal color evidenziatore scarico passando per il grano, le piú osé virando eventualmente al tiziano. Ho con me la macchina fotografica, ma mi sento giá abbastanza Calimero, unica non nata nella Bundesrepublik, pur cromaticamente uniformandomi al pallore imperante.

Ho fatto colazione con Milchreis fatto in casa, un pastone ipercalorico a base di riso, zucchero e Quark. Chiaro, per me "Quark" sará sempre e soltanto l´impero di Piero, sovrano assoluto della divulgazione, compagno di molti giovedí sera insieme al mai abbastanza compianto professor Cannella, al canuto McGyver dal nome da pappagallo, professor Paco Lanciano, e al versatile  Dánilo Mainardi, con enigmatico accento sulla A. Un gotha che mi piacerebbe avere per amico, ogni qualvolta la bici s imbizzarrisce e rifiuta di obbedire, o una lista di ingredienti su un pacchetto mi inquieta, o quando non riesco a decifrare íl comportamento di quegli animali dei miei coinquilini.
Qui, invece, il Quark é uno strano formaggio acido, che serve per ammorbidire qualunque cosa e dargli quel surplus di calorie, casomai il burro non fosse abbastanza.

Peraltro, qua si dice "esci un po´dal quark!" a chi é un poß svampito e poco sveglio. Mi inquarkerei volentieri il cervello, mi tocca tornare a celle e colonne.




martedì 13 marzo 2012

Informazioni di servizio



Da oggi non sono piú una Praktikantin, ovvero una stagista (come se giá non fosse un termine di oscuri presagi in sé, ci mancava solo la Lewinski a colorirne le accezioni). Come i Pokemon, ho un upgrade e da oggi, teoricamente per 18 mesi, sono una Volontärin. Nome quanto mai bislacco, ma non significa che sgobbo gratis (salvo per un numero imprecisato di ore di straordinari, previste da contratto per temprare lo spirito), semplicemente che sono un´apprendista. Ergo, potró concedermi il lusso di abbassare il ritmo delle lezioni di italiano, visto che la sopravvivenza è garantita.

Ma ancora meglio: si cambia casa, e a tempo indeterminato. Mi defilo un po´dall´ombelico della cittá, ma piú-che-raddoppio la metratura della camera, che sino ad ora era davvero una piccola tana, e ci aggiungo pure un balcone. Da 2 coinquilini, uno con morosa perennemente al seguito, passo ad uno,e lavoratore. Preventivando lo stesso quoziente di porcaggine, ma dividendolo per numero di persone e di ore trascorse in casa, direi che dovrei andare a colpo sicuro in un ambiente meno infestato ed infestevole.

Ieri io e D., futuro coinquilino, ci siam bevuti una birra insieme per definire il contratto, e in sostanza è come convivere con un brianzolo doc.
Viene, infatti, dal Brandeburgo, la regione intorno a Berlino, e parla di conseguenza. Come abitare con uno che ogni 5 minuti infila nelle frasi “oh, minchia, bella raga”. Sicuramente sfizievole per la mia collezione di accenti e modi di dire in crucco. E´un fan dell´hockey ed ha giá promesso di portarmi ad un derby, vota Grüne ed odia cordialmente i “tedeschi scuri”, ovvero i terú (bavaresi e svevi). Non si tratta (credo) tanto di melanina, quanto di votare a destra. Non viaggia volentieri e ama Wurstiland, appunto fino al confine con i traditori sudici e cattolici. Sará bello mediare fra lui e B., che rivendica, invece, la sua svevitá a colpi di Kartoffensalat, ovvero un´insalata con patate e joghurt il cui grado di sale fa le veci del divisorio Dio Po.

Mingherlino, piccoletto, occhialetto d´ordinanza, subito dopo la maturitá si é infilato in un Job Center, lavoro statale, e ci é rimasto.

Se pensavo di essere veloce nel bere birra, D. mi ha clamorosamente smentito. E mentre si trangugiava il secondo boccalone, è riuscito anche a sgranocchiarsi delle improbabili, pallide bruschette. Eravamo in un ristorante pseudo italiano, con un soffitto kitischissimamente a grotta e dove il cameriere piú ariano aveva pelame che gli si arrampicava su per la camicia e ripeteva d´ordinanza “grazie”, in italiano, qualunque cosa gli si dicesse.
Peculiaritá della prossima magione: per mesi non dovremo acquistare carta igienica, e non perché si preveda stipsi persistente. Bensí il mio predecessore pare fosse ossessionato dal rischio di rimanerne senza, ed aveva imposto ad ogni ospite di recarne in omaggio un rotolo. Inoltre, durante una puntata di MTV, D. ha invitato un simpatico burlone che ha lasciato un furgoncino pieno di rotoli di carta igienica di ogni foggia e profumazione. Devo, peró, perorare la causa della carta-cucina e convincere D. che non é il caso di usare i rotoli di igienica in cucina.

Le pareti della camera volevano essere rosse, ma sono risultate salmone. Sotto casa ho una birreria, cliente medio: over 40, cromosoma XX, girovita sfondato, occhio azzurro stemperato nel malto. Attraversando la strada, un supermercato aperto ogni giorno dalle 7 alle 24, uno Späti (negozio aperto ogni notte per fabbisogni primari, specie per alcool) e un bistro turco. A completare il quadro, un parco e una piscina, ripromettendomi di provare se ancora so stare a galla. Insomma, aspettative alte, perlomeno di abbassare i ritmi disumani che finora mi tengono sempre in sella e con tachicardia annessa.

Giá fissata la data per traslocare i miei quattro stracci, c´è da vedere se battezzare il nuovo WG con un Einweihungsparty, il classico simposio dove ognuno porta chi vuole per varare una nuova convivenza.

Intanto, oggi cercherò di iscrivermi al sistema sanitario crucco, per acquisire un´identitá anche sanitaria.
Piccoli expat crescono.


domenica 11 marzo 2012

Haiku

I
I
domenica presta si schiude
fragranza di luppolo antico
il mio intendimento occlude

II
la domenica è una nuova ruga
intermezzo tra pensieri di ieri
e l'oggi che cerca una via di fuga

Resumé

Solito obnubilamneto domenicale: 4 ore di nanna e poi Le Nozze di Figaro in tedesco-romeno. Oggi, però, sono diventata proprietaria di una bici usata, tramite il kazhako Wladimir, che si è anche offerto come uomo di fatica per ogni mia evenienza e sogna di trasferirsi in Puglia. (In un altro momento, quando le forze torneronmi, potrei narrare di come la mia studentessa Gudrun si sia innamorata di Lino Banfi, identità che ieri sera ho propinato a qualcuno degli astanti al party dove ero. party, peraltro, meritevolissimerrimo.
Si partì con un tris di ravioli da me amorevolmente preparati, nonchè con una bottiglia di vino che il ddriano cavatappi di casa mia non voleva aprire. Ho tentato dalla vicina, il cui cognome tradtto è "Noce". Mi ha aperto quasi desnuda, lagrimante, e temo di non aver fatto colpo dicendole "ah, pensavo fosse sposata".
Alla festa c'erano 4 italiani simili, ricorodo solo che differivano per altezza ed accento, tutti capello corto scuro e barbetta. Uno splendido sudafricano con cui ho tentato di rappare, per poi finire a convincerlo di non essere irlandese, ma nigeriana,  due metri per 40 kg di ucraino, con cui ho brindato ripetutamente alla nostra slavitudine essendo io polacca, un teutone clone di Mastro Lindo. Ma sopratutto, ci si aggiravano due sicure spie vietcong, io le ho riconosciute e so che non avevano buone intenzioni. Guatavano in cagnesco dalle feritoie oculari e fingevano solo di sorridere. Dannazione.
Una nota per chi sa di chi parlo: ho concluso con un karaoke dei Cornoltis, cuore sempre patrio, in fondo.

sabato 10 marzo 2012

altre, a caso

bontà materna, combinazioni improbabili da frigo
bontà materna, simposio serale.

sono l'unica che apprezza la carta-cucina

natura morta
panni

Schegge visive

Troppo fiacca per tasteggiare. Settimana densa, sento che mi è ancora incollata addosso, nonostante il weekend. Scatti a caso, in attesa che il tempo atmosferico si metta in linea con quello cronologico (al 21 marzo non manca poi molto, ma sembra novembre).
Stavo pensando: ho discusso sulla "colomba", avendone ricevuta una mini da casa: pare che in crucco non ci sia differenze con "piccione". Ed ho immaginato di chiedere un piccione pasquale al panettiere, o ancora un piccione libratosi per celebrare la pace.
Sottigliezze? Qui anche le sottilette non sono LE sottilette.

Il mio coinquilino poteva forse, nell' acquario, mettere dei banali pesci rossi?

Ha scelto dei "gamberi preistorici liofilizzati", da allevare dentro bustina.Fortunatamente me ne vado presto.

Del resto, questa è la sua camera, con tanto di tocco femminile della onnipresente dolce metà.



E questo nonostante il monito appeso in cucina:




"E' arte o posso portar via?"


Forse perchè è sempre ben fornito...

lunedì 5 marzo 2012

antropopedagogia domenicale

Due veloci esperimenti antropedagogici in cui mi sono cimentata per santificare le feste.
1)      Mollemente stravaccata sul divano, ho messo le mani dietro la schiena, cercando di fare un discorso senza l´uso degli arti anteriori. Esperimento intrapreso dopo la distruzione di una tazzina, colpevole di essersi messa sulla traiettoria del mio braccio retoricamente gesticolante.
2)      B. è affascinato, suo malgrado, dal suono della parola “cazzo”, inteso come intercalare. Ho deciso di passare alla fase pedagogica numero due, dopo quella della mera pronuncia: l´intonazione, perché sará pur vero che la parola si usa come virgola, ma puó esprimere sorpresa, disappunto, arrabbiatura, rassegnazione.
Risultati:
1)      Ho cominciato a divincolarmi con le gambe e il mento, incredula io stessa di quanto le appendici anteriori siano fondamentali per la mia espressione.
2)      ESILARANTE. Il gesto universalmente ritenuto marchio di italianità è il “che vuoi”, possibilmente con due mani (si veda qui e qui). Per cui il migliore sketch è stato giudicato quello del “che c. vuoi”. Non male anche la perfomance dell´intercalare usato come segno di apprezzamento.
Conclusioni:
Al mio rimpatrio, abbraccerò un siciliano, sussurrandogli all´orecchio: “adesso so cosa vuol dire essere terroni”. In Italia considerata una crauta, qui un babbá. Miriam come Tonio Kröger?

sabato 3 marzo 2012

"A": variazioni sul tema

Passeggiata notturna tra la Sprea e l'isola dei musei, ovvero, l'illusorio antidoto alla troppa pizza casereccia preparata da un amico danese e alla festa che è seguita. In un centro culturale ungherese, dove strimpellavano crucchi ed americani, mentre sedevo con una lituana.
Il cuore turistico di Berlino è taciturno sotto una luna pallida e nell'aria che ancora sa d'inverno e, mentre punto la torre della televisione come un naufrago un lembo di terra all'orizzonte, penso.

Alle vocali. Anzi, alla A. E all'uso polivalente che ne fanno quassù.
Innazitutto, "ha", con la H davanti. Mettete un non italico davanti al nostro "ah", e sarà arduo convicerlo che non si tratta di un refuso.
"Ha" è di norma un suono negativo. Potrebbe voler significare "bè, no", oppure "ah, ecco, lo dicevo io". Oppure "non faccio nemmeno finta di dimostrarti entusiasmo". Si pronuncia di solito monotono, tendente al basso. Meglio girare al largo, quando se ne captano el frequenze.

Poi c'è il raddopio, "ha-ha", che di solito, invece, vira al positivo. Accezioni contemplate: "apperò, mica male" (eventualmente accompagnato da "ach, so") o un generico "sì". Per cui, ad una proposta come "domani ti va di farti una birra", si potrebbe avere un diniego, seppur con riserva, con un singolo "ha", oppure una partecipazione quando la combo h + vocale raddoppia.

Quando la A prende la dieresi, è d'obbligo l'accoppiata con un bel punto di domanda: "hä?" indica, infatti, una incomprensione con punta di incredulità, eventualmente anche una modulazione di sbalordimento. Ad una battuta, è probabile che vi ritroviate davanti a questo muro di aspirazione e dieresi, che prolunga la A in una E che non lascia scampo a dubbi: avete toppato. La melodia ricorre spesso, complice ils istema binario su cui sembra impostato il sistema nervoso crucco.

Ma il mio suono preferito resta "na". Con un impercettibile movimento verso l' alto della testa e un guizzo delle sopracciglia nella direzione del destinatario. Si traduce con: "allora, dì un po', come butta?". Tutto condensato in una sillaba, come se il teutone di turno fosse troppo esausto dalla pronuncia di parole di 15 lettere di media e dalla costruzione di periodi con un ordine interno assolutamente masochistico per formulare una domanda. Al telefono, quando rientro, sul lavoro è una serie di "na". Attenzione, però, se poi ci infilano un "und", solo apperentemente è la congiunzione "e". "Na, und", infatti è uno scocciatissimo "eh, e quindi?" ( per i bergamofoni anche: "eh, sa ölet po?") .

Ho caricato una lavatrice e cerco disperatamente quell'infingardo di Morfeo, che da giorni mi sussurra di abbracci infiniti per poi sgambettare via con una risata beffarda. 
Aaaah. (sospiro, italico sospiro)