A Berlino bastava una pedalata per essere al di qua o al di lá del Muro.
Halle era (ed è) tutta ad Est, ma preferisce ignorare il suo recente passato di
centro dell´industria chimica pesante: ne lascia il ricordo ai tetri
Plattenbauem che si rincorrono nei quartieri periferici, dove neonazi e (pochi)
stranieri si contendono la scena. Preferisce fregiarsi di una delle università
piú antiche di Germania, crogiolarsi nella sua piazza del mercato dove troneggiano
la statua di Händel e la torre col complesso campanario piú antico d´Europa.
Ed è cosí che mi ritrovo alla scrivania del Max Planck Institut per la
ricerca antropologica, storica ed archeologica, punto d´approdo di
studiosi e ricercatori di mezza Europa, che qui vengono richiamati da un ricco
patrimonio di "cultura materiale" preistorica e medievale, e da una solida
tradizione di studi nella disciplina.
Insomma: a fare i pendolari tra universitá, centri di ricerca e le loro appendici, ci sarebbe da ridire solo del clima implacabile, che registra sempre i record nevosi della Repubblica Federale.
Insomma: a fare i pendolari tra universitá, centri di ricerca e le loro appendici, ci sarebbe da ridire solo del clima implacabile, che registra sempre i record nevosi della Repubblica Federale.
Certo ogni ambiente di ricerca è un po´un involucro protettivo che
attutisce l´eco del mondo esterno: per fortuna le incombenze della vita pratica
impongono di montare i mobili Ikea, allacciarsi alla corrente, fare la spesa, visitare
l´anagrafe.
Appena messe le grinfie sulle chiavi della nuova casetta, mi sono
precipitata a procurarmi l´Anmeldung, quel pezzo di carta che è la chiave a
tutti i servizi cittadini. La solerte, spaziosa funzionaria ha suggellato il
mio diventare Halunke. Perché a dispetto delle dimensioni modeste, qui ci sono
gli Halloren, cioè chi vanta radici ancestrali nella cittá, i discendenti di
chi estraeva il sale, oro bianco di queste parti, poi gli Hallenser, ovvero i
borghesi venuti in cittá a far fortuna sulle spalle dei primi, e infine quelli
come me. Tanti Hallunke sono studenti o accademici, e fra gli illustri Hallunke
la cittá vanta il filosofo Wolff, il
giurista Thomasius e il teologo Francke.
Con il mio bravo documento ho ottenuto anche un inaspettato omaggio:
un´entrata gratis a due per un concerto classico, una piece teatrale od
un´opera. Nell´immaginario collettivo teutone, sächsisch ist nicht sexy
(ma ci sarebbe da disquisire se esiste anche solo un accento tedesco
orecchiabile) e qui si è sperduti nella pampa. Ma stretto tra il fiume Saale e
il borgo di Giebiechenstein, il centro cittadino offre perle inaspettate a chi
ha la pazienza di inerpicarsi tra salite, strade sconnesse, buche traditrici.
Certo sono perle di provincia, e a chi venga da Berlino dove la sera i piú
puntuali cominciano ad uscire verso le 22.00, la cittá non puó che sembrare un
sonnacchioso ibrido di mostri socialisti e antiche glorie settecentesche.
Anche chi volesse ammirare la sinistra maschera funeraria di Lutero
dovrebbe adattarsi agli orari del Duomo cittadino, che solo gelosamente
permette l´entrata. Ad Halle e dintorni di Lutero e i suoi tiri mancini al
papa van fieri, e qui l´Università lo ricorda nel nome: anzi
nel nome ufficiale (Martin Luther Universität Halle Wittenberg) compare la
famosa Wittenberg, forse una delle porte piú menzionate nei libri di storia.
Sulla porta di casa mia dubito si potrebbero affiggere tesi: ho giá avuto
un bonario richiamo da parte dell´amministratore per aver incollato il mio nome
a citofono e cassetta della posta in fretta e furia, senz´attendere che fosse
lui a forgiare una precisa etichetta. I muri domestici, invece, sono cosí
spessi che nemmeno il segnale ADSL riesci a scalfirli, e ovviamente la
lavatrice troneggia in cucina e non in bagno, come da prassi teutone.
Una preliminare ricognizione delle offerte gastronomiche punta tutto ai
vicini ex sovietici: ristoranti cechi, specialitá ungheresi e baracchini polacchi
sono comuni come le praline ripiene di qualunque cosa (cocco, Guinness,
arancia, semi di papaverp) che si vantano tra i prodotti tipici della cittá. Leitmotiv, manco a dirlo: suinocrazia declinata in tutte le possibili variazioni sul tema, con predilezione del salsicciforme. Ma si sa che noi
italiani arriviamo dappertutto, come mi conferma il fitto vocio siculo che
rimbalza nel freddo fuori il “Da Luca” o l´accento romano dei camerieri del “Da
Salvatore”.
A 20 minuti di treno strizza l´occhio Lipsia, sempre piú osannata come la
nuova Berlino, oasi di artisti e startupper squattrinati, e poco piú in lá
Jena, Gottinga, Magdeburgo e tutta una seria di cittadine della cosiddetta “Mitteldeutschland”,
che si stiracchia tra Turingia e Sassonia, tra un wurst e un cetriolo
sottaceto.
Allettanti premesse per non farmi narcotizzare dalle lusinghe di giornate
spese fra conferenze, ricerca e seminari. Stamattina mi sono svegliata con una
presentazione sulla tradizione poetica kirghiza, mentre mi chiedevo
ossessivamente se avevo spento la macchinetta del caffè, preso il kit di
sopravvivenza del ciclista a -8 (e su strade ostinatamente lastricate e non asfaltate, probabilmente da un burlone ubriaco) e se avevo ancora pasta in dispensa.
Al netto della mia inarrivabile maestria nel perdere tempo e spiaggiarmi in
(in)attivitá assolutamente inutili, queste prime due settimane da dottoranda
possono solo dirsi positive. Dopo la fuga dall´ambiente accademico patrio e un
anno da colletto bianco in una cittá come Berlino, sirena il cui canto continua
a stregarmi, ho trovato un lido laborioso, colleghi variegati, insomma una
chance. Siamo in 12 dottorandi: 4 storici, 4 archeologi, 4 antropologi, ognuno
col suo fil rouge di ricerca, ognuno convinto di aver qualcosa da dire e da
dimostrare, almeno quando é in giornata buona. C´è S., lo svevo che sembra il fratello di Pocahontas che partirá
per una ricerca sul campo in Uzbekistan con la moglie croata e il figlio di un
anno; E. l´americana pentita che mentre lavorava in un campo profughi in
Palestina, si è innamorata di R. e lo ha quasi rapito per portarlo fin qui; L.
la minuscola hongkongina dall´immenso valore sul mercato matrimoniale cinese, che
peró lei vuole rifuggire; H. che ha i parametri invertiti rispetto a L. e ha il
pallino delle tombe del III millennio a.C. Poi bé, ci sono io, quel tocco di Mare Nostrum che fluttua nel Mare Magnum del "che fare?" (senza alcun dotto riferimento zarista, ahime) e deve meritarsi la chance di cui sopra.
Poco fa, per distrarmi in modo alternativo, ho curiosato negli armadi del
mio ufficio: ci ho trovato un libro in vietnamita, appunti in russo e un
misterioso set di mazze da polo. Magari dopoil disgelo... Insomma, mondi paralleli: quello ovattato e
autonomo dell´edificio tardo settecentesco e dei suoi gangli, discreti ma
alacri, sparsi per la cittá, eppur autoreferenziali, e quello della Halle vera, fatta per viverci e non
solo per studiarci, con la sua periferia inguardabile e i cognomi che
tradiscono un´ereditá e uno slancio ancora vivissimi con i vicini dell´Est. Del
resto, anche qui in Istituto non si contano i figli- seppur imparati- di Grande
Madre Russia, e fra i centri di ricerca piú prestigiosi si conta quello di
antropologia per la Siberia e quello per la Storia della Polonia.
Solo qualche sparuto kebab gestito perlopiú da vietnamiti che servono anche
cucina panasiatica e pizza,le scarlatte filiali della Sparkasse e il flusso
senza sosta dei ragazzi che col car sharing fanno la spola con Berlino, mi
ricorda che la capitale è, in fondo, a meno di due ore di distanza.
Ci continuiamo a re-incrociare Berlino, la mia ancora ancora non vuole
salpare dai tuoi sporchi vicoli e dalle tue grandiose Allee, dal puzzle dei
tuoi abitanti e dalle contraddizioni delle tue lusinghe. Ma, in fondo, mi sento
una privilegiata, una di quei tanti studenti che, fossero rimasti a casa loro,
avrebbero avuto timore reverenziale a bussare alle porte dei loro professori e qui ci discutono per ore intorno una birra.
Dunque, a noi due, Halle: non sará certo l´accento piu dileggiato di Teutonia a impedirmi di provare a ca(r)pirti, e spero che non mi contagi quella malaise da anacoreta d´alto bordo di chi pensa che sguazzare solo fra sudate carte sia stigmate di elezione e inarrivabile virtú.
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