Tornare a fare sport dopo almeno 10 anni di immobilità. Riscoprire una parvenza di bicipiti, tricipiti e, soprattutto, lo sfrigolio dell'acido lattico e i reumatismi che mi faranno solerte compagnia notturna.
Basta come motivazione per non aver nemmeno la forza di tasteggiare?
Basta come motivazione per non aver nemmeno la forza di tasteggiare?
Ah, per chi fosse curioso: trattasi di basket. Mi sembrava il giusto compromesso fra un campo non troppo lungo, una minore probabilità di infortuni e il gioco di squadra, visto che muovermi con un'invasata al ritmo di "su, forza, dai, vai di gluteo" o un qualunque sport solitario mi deprimerebbero dopo due minuti.
Mi sono fatta prestare una maglietta (visto che la morosa del coinquilino ha squattato la lavatrice) ed era una maglietta con una megabandiera di Israele e qualche parola a me inintelleggibile, prestata dalla nuova amica e collega francese che ci ha fatto 6 mesi di stage. L'ho indossata cautelativamente al contrario, timorosa di incappare in qualche neonazi. Ovviamente, di quanto diceva l'allenatore (nome e cognome italici,a quanto si intravvedeva anche la dotazione pilifera, ma per il resto puro crucco) molto mi restava oscuro. Così ho riscoperto il pascolian fanciullino, o forse la darwiniana scimmiona che è in me, e mi sono messa ad imitare qualunque mossa le altre ragazze facessero. Per non parlare di quando, seguendo non so che schema, dovevamo gridare determinate parole, immagino corrispondano a posizioni del basket. Di una capivo solo "Ei", che significa "uovo", per cui urlavo "EI!", ma credo fosse qualcosa come "deny". Mah.
All'uscita dovevo avere un gran bell'aspetto: la faccia ancor più pervicacemente acromatica che sfoggio in Crucchia era paonazza, tanto da farmi sentire un vago effetto evidenziatore ai capelli, gli occhi sbarrati e il corpo cosparso di sudore cristallizzato, per buona pace delle narici altrui compresso sotto la giacca. perdonate il dettaglio chic, ma quando mi sono imbattuta nel mio riflesso, mi è sembrato di vedere una crucca, e mi sono spaventata.
Poi, sempre determinata a vincere il premio "massaia dell'anno", dopo una doverosa doccia e il recupero dell'uso delle braccia, ho anche spadellato per i miei pasti di domani, così da non dovermi portare un triste panino al lavoro. In cucina ho incrociato il coinquilino J, che da giorni traffica con il suo portatile, smontandolo fino alle più minute molecole. Qualche minuto fa è saltellato in camera mia con la masterboard (qualunque cosa sia) appena sfornata. E intendo proprio tolta dal forno, meticolosamente avvolta nell'alluminio, tanto che pensavo fosse una torta dal nome bislacco.
E ora, col peso degli anni (ma, ahime, non solo), non mi resta che dedicarvi, col cuore, la parola del titolo, in cui sono incappata oggi in ufficio, mentre cercavo di mappare la distribuzione europea di un inguardabile video UE sul corretto uso degli antibiotici.
Nasennebenhöhlenentzündung
ovvero, "l'infiammazione vicino ai buchi del naso". O, per profani, la sinusite.
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