sabato 15 settembre 2012

Antigeodiformi pupilli


Insegnare italiano è divertente. Altro che annunci per trovare partner, incontri al buio, e tutta la ridda di appostamenti più o meno da manuale per arricchire la propria collezione antropologica. Buttate nella rete l’amo dell’idioma (e non ho detto lingua), e vedrete quali succulenti pesci abboccheranno.

I miei discepoli conoscono di fama il ligio L., curvo su suoi appunti e che registra con minuzia anche gli accenti e le pronunce delle parole, che mi accoglie con un “il mio cuore è ebbro” e subito dopo sfoggia “devo pisciare”, così come l’ormai mitica G., splendida cinquantenne cinofila e banfofila (sì, proprio di lino Banfi).

Oggi ho conosciuto F., per privacy non posso scriverlo per esteso, ma diciamo che è un nome molto…floreale. E di cognome fa Lupo, quindi per il web sarà Fiorino Lupo, binomio quasi ossimorico. Tutto quel che so di lui è che tra un mese fa un mega-tour dell’Italia, da Roma alla Sicilia, e che ha studiato da solo un intero libro. Munita del solo indirizzo, mi impedalo.

Arrivata al numero 233, non trovo che un supermercato Netto. In preda al panico, giro vorticosamente su me stessa in cerca di un’entrata nascosta, un campanello celato, un cunicolo segreto. Nisba. La lancetta mi dice che mancano 10 minuti alla prima lezione, non posso far tardi. Chiamo il mio coinquilino D., espediente cui ricorro solo quando proprio non trovo via di scampo. Al telefono lo guido sino al mio outlook: digita la password (ma perché, perché l’ho voluta mettere in polacco!!), trova l’iconcina di Outlook, lo apre, “sì, posta in arrivo, ganzo”. Mal che vada, se a Fiorino corrisponde, invece, Jack lo Squartatore, il mio teutone coinquilino potrà prontamente allertare chi di dovere in caso sparisca. A occhio e croce, potrebbe cominciare ad avere sospetti dopo una settimana, non mi va poi tanto male.

Devo andare al 223. Memoria infame. Portone signorile, scale in marmo. Apperò il Fiorino. Si materializza sulla porta, a spanne 190 cm di candida crucchità, occhio azzurro spento dietro l’occhiale di metallo, viso oblungo che incarna il contrario del geoide: non è, decisamente, schiacciato ai poli. T-shirt grigia in pendance con lo sguardo, non ho sottomano Lombroso, ma non mi dà l'aria del killer esperto. Zompetto fingendo una grazia che non ho: suppellettili e tavolinetti ovunque, mi basta un fugace sguardo e capisco che la sedia su cui sono appollaiata vale come tutto il mobilio di camera mia.

Dissimulo nonchalance, e via col protocollo. Presentazioni reciproche, sorrisone stampato per incoraggiare  la crucca favella a non titubare, annuisco decisa ogni 5 minuti, anche quando Fiorino si incarta in un’infilata di strafalcioni e suoni incomprensibili. Con le correzioni si va in crescendo, all’inizio è come la sigla che mi lascia interdetta (e rovina immancabilmente il risultato) nelle ricette “q.b.”

“io sono 27 ano”

Quanti, scusa? “27, sieben und zwanzig?”. La forma ad “O” della mai bocca scompare plasticamente in un sorriso d’intesa, “hai tradotto perfettamente”. Avrei scommesso almeno 35 primavere, altro che. Il buon Fiorino è store manager (si vede che il successo logota), il suo ragazzo designer. Di lui avverto la sincopata presenza dietro una porta da qualche parte, casomai i recessi più malandrini di me avessero sperato di unire l’utile al dilettevole e scovare in un colpo solo allievo e gigolo.

Cosa fa Fiorino nel tempo libero? Si sa, non c’è cavillo grammaticale che, se imparato con un argomento che piace, non sia espugnabile. “Kayak e moda”. Qui si fa dura. Immagino il presente del verbo “navigare” e accessori à la page che si piegano ad illustrare maschile e femminile. Provo a forzare la mano, ma il laconico Fiorino non pare avere altri hobby, al massimo cucina. Italiano, ovviamente. Presa mentalmente nota dei gusti del pupillo, sondo un po’ il suo senso dell’umorismo. E anche qui, rispolvero un mio ever green: il video “differenze tra italiani e tedeschi”. Bozzetto riesce a scalfire la compostezza di Fiorino “Ah, ho un sacco di divertimento!” (il punto esclamativo è licenza poetica mia). Molto bene. Il fertile sentiero dei reciproci stereotipi è battibile, ho un piano B tra moda e kayak.

Fiorino mi offre la classica brocca di acqua del rubinetto crucca con limone dentro. Intanto mi racconta da dove viene, cosa ha studiato e cosa farà questo weekend. Complici le sue pause di riflessione, il mio discettare delle differenze tra il verbo “peccare” e la congiunzione “perché”che per Fiorino sono identici, la nostra prima ora passa in fretta.

Pare abbia superato l’esame (perché in realtà, è sempre il mentore all’inizio ad essere sotto osservazione), e così Fiorino mi elargisce il suo numero di cellulare, salvando il mio sul suo gioiello di tecnologia. Per oggi, quindi, il mio compenso sta in u nuovo contatto nella rubrica e nell’orgoglio: ho ancora ben un intero anno solare per poter raggiungere lo status socio-economico del mio nuovo protetto. E, in più, non sono antigeoideforme.

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