Insegnare italiano è divertente.
Altro che annunci per trovare partner, incontri al buio, e tutta la ridda di
appostamenti più o meno da manuale per arricchire la propria collezione
antropologica. Buttate nella rete l’amo dell’idioma (e non ho detto lingua), e
vedrete quali succulenti pesci abboccheranno.
I miei discepoli conoscono di
fama il ligio L., curvo su suoi appunti e che registra con minuzia anche gli
accenti e le pronunce delle parole, che mi accoglie con un “il mio cuore è
ebbro” e subito dopo sfoggia “devo pisciare”, così come l’ormai mitica G.,
splendida cinquantenne cinofila e banfofila (sì, proprio di lino Banfi).
Oggi ho conosciuto F., per
privacy non posso scriverlo per esteso, ma diciamo che è un nome molto…floreale.
E di cognome fa Lupo, quindi per il web sarà Fiorino Lupo, binomio quasi
ossimorico. Tutto quel che so di lui è che tra un mese fa un mega-tour dell’Italia,
da Roma alla Sicilia, e che ha studiato da solo un intero libro. Munita del
solo indirizzo, mi impedalo.
Arrivata al numero 233, non trovo
che un supermercato Netto. In preda al panico, giro vorticosamente su me stessa
in cerca di un’entrata nascosta, un campanello celato, un cunicolo segreto.
Nisba. La lancetta mi dice che mancano 10 minuti alla prima lezione, non posso
far tardi. Chiamo il mio coinquilino D., espediente cui ricorro solo quando
proprio non trovo via di scampo. Al telefono lo guido sino al mio outlook:
digita la password (ma perché, perché l’ho voluta mettere in polacco!!), trova
l’iconcina di Outlook, lo apre, “sì, posta in arrivo, ganzo”. Mal che vada, se
a Fiorino corrisponde, invece, Jack lo Squartatore, il mio teutone coinquilino
potrà prontamente allertare chi di dovere in caso sparisca. A occhio e croce,
potrebbe cominciare ad avere sospetti dopo una settimana, non mi va poi tanto
male.
Devo andare al 223. Memoria
infame. Portone signorile, scale in marmo. Apperò il Fiorino. Si materializza
sulla porta, a spanne 190 cm di candida crucchità, occhio azzurro spento dietro
l’occhiale di metallo, viso oblungo che incarna il contrario del geoide: non è,
decisamente, schiacciato ai poli. T-shirt grigia in pendance con lo sguardo,
non ho sottomano Lombroso, ma non mi dà l'aria del killer esperto. Zompetto fingendo una grazia che non ho:
suppellettili e tavolinetti ovunque, mi basta un fugace sguardo e capisco che
la sedia su cui sono appollaiata vale come tutto il mobilio di camera mia.
Dissimulo nonchalance, e via col
protocollo. Presentazioni reciproche, sorrisone stampato per incoraggiare la crucca favella a non titubare, annuisco
decisa ogni 5 minuti, anche quando Fiorino si incarta in un’infilata di
strafalcioni e suoni incomprensibili. Con le correzioni si va in crescendo, all’inizio
è come la sigla che mi lascia interdetta (e rovina immancabilmente il risultato) nelle ricette “q.b.”
“io sono 27 ano”
Quanti, scusa? “27, sieben und
zwanzig?”. La forma ad “O” della mai bocca scompare plasticamente in un sorriso
d’intesa, “hai tradotto perfettamente”. Avrei scommesso almeno 35 primavere, altro
che. Il buon Fiorino è store manager (si vede che il successo logota), il suo ragazzo designer. Di lui avverto
la sincopata presenza dietro una porta da qualche parte, casomai i recessi più
malandrini di me avessero sperato di unire l’utile al dilettevole e scovare in
un colpo solo allievo e gigolo.
Cosa fa Fiorino nel tempo libero?
Si sa, non c’è cavillo grammaticale che, se imparato con un argomento che
piace, non sia espugnabile. “Kayak e moda”. Qui si fa dura. Immagino il
presente del verbo “navigare” e accessori à la page che si piegano ad illustrare
maschile e femminile. Provo a forzare la mano, ma il laconico Fiorino non pare
avere altri hobby, al massimo cucina. Italiano, ovviamente. Presa mentalmente
nota dei gusti del pupillo, sondo un po’ il suo senso dell’umorismo. E anche
qui, rispolvero un mio ever green: il video “differenze tra italiani e tedeschi”.
Bozzetto riesce a scalfire la compostezza di Fiorino “Ah, ho un sacco di
divertimento!” (il punto esclamativo è licenza poetica mia). Molto bene. Il
fertile sentiero dei reciproci stereotipi è battibile, ho un piano B tra moda e
kayak.
Fiorino mi offre la classica
brocca di acqua del rubinetto crucca con limone dentro. Intanto mi racconta da
dove viene, cosa ha studiato e cosa farà questo weekend. Complici le sue pause
di riflessione, il mio discettare delle differenze tra il verbo “peccare” e la
congiunzione “perché”che per Fiorino sono identici, la nostra prima ora passa in fretta.
Pare abbia superato l’esame (perché
in realtà, è sempre il mentore all’inizio ad essere sotto osservazione), e così
Fiorino mi elargisce il suo numero di cellulare, salvando il mio sul suo
gioiello di tecnologia. Per oggi, quindi, il mio compenso sta in u nuovo contatto
nella rubrica e nell’orgoglio: ho ancora ben un intero anno solare per poter
raggiungere lo status socio-economico del mio nuovo protetto. E, in più, non
sono antigeoideforme.
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