Il suono delle parole esercita su
di me sempre un certo fascino. Quando si tratta del tedesco, è un po’ il gusto
dell’orrido, di quel masochismo orale con cui presto dovrò cimentarmi sul
serio, sistematicamente e senza più semplicemente andando di fiore in fiore
come un’ape ebbra di dieresi e gruppi consonantici.
Ed ogni volta che imbatto nello Rührei,
non posso che rimuginare fra me e me il suono. In realtà, ad affascinarmi è la
combinazione: ü-h-r. Non si tratta di un uovo contaminato dalla splendida
regione della Ruhr, ma la H dopo la U allunga comunque il suono in una specie
di muggito che graffia la gola, se provate a pronunciarlo, vi sembrerà di avere
una motosega in gola.
Infine, non è che l’uovo
strapazzato, che qui va molto per colazione e servito sul pane. Improvvisandomi
Clerici, che ogni tanto fa bene per l’ego, ecco la ricetta. Ah, letteralmente,
è “l’uovo toccato”, per una volta i tedeschi sono più delicati di noi.
Le uova si sbatacchiano in una
padella col burro caldo. Poi, per renderle cremose, si va di panna o di
versatile quark. Le si tengono mescolate perchè sia tutto uniforme, senza
grumi. iL tutto è pronto quando il composto è bello luccicante e ancora
leggermente umido. Di solito si integrano, a piacere: pancetta, prosciutto,
gamberetti, formaggio, funghi, cipolle, erbe, briciole di pane, pomodori e
verdure.
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