Il sole a Berlino, di questi
tempi, è come un’oasi fresca nel deserto. Per cui stamattina, appena sveglia,
non me lo sono fatto sfuggire, e con la scusa di sbrigare qualche ordinaria
commissione mangereccia, mi sono messa in marcia, testa alta quasi a bermeli, i
raggi. Ho lasciato la bici a riposare, per oggi, per prolungare il contatto col
sole, mi sentivo una lucertola in libera uscita. Le ho promesso, tuttavia, di
tornare con un cavalletto nuovo fiammante, per riscattarla, dopo mesi, dall’andatura
claudicante.
Andando a caso mi sono imbattuta,
finalmente, in una Bäckerei artigianale. Di panetterie industriali ce ne sono
innumerevoli in città: Kemps, Crobag, Havel e che so io. Tutte col solito
cappuccino che sa di risciacquo della lavastoviglie (non so se l’abbiate mai provato,
il risciacquo, intendo), e dolci con la glassa plastificata e un sapore medio
tutto uguale. Ora, io coi dolci non ho
né arte né parte: se non altro perché millantando di preparare un tiramisù da
leccarsi i baffi, ho propinato ai miei coinquilini una variante molto
eterodossa. Mi ero giusto scordata un dettaglio: il mascarpone. In sostanza,
gli ignari, ma ingordi coinquilini si sono sbafati un budino di uova crude,
cacao e savoiardi del Lidl. Non pare abbiano accusato salmonella.
Comunque. Ogni tanto, la mattina,
il Naschkatze che è in me non miagola più, ringhia. Qui il goloso, di fatti, è
un “gatto che spizzica”. Orbene, inseguendo l’imperativo categorico katziano,
sono finalmente capitata in una botteguccia anonima, dall’insegna sbiadita. Il
turco che la gestiva si divideva tra bancone poco rifornito e forno sul retro.
Perfetto. Niente Qual der Wahl (tortura della scelta), pochi gusti per i
croissant e qualche altro dolce, alcuni turchi, altri international. Agguanto
il mio Marzipancroissant e dazu un cappuccino. Non è proprio da manuale, ma le
mie papille hanno un momento di estasi al sapore di caffè vero.
Pagato con pochi spiccioli il
buon incipit di giornata, la mia fortuna è sfacciata. A fianco della Bäckerei
c’è una libreria di seconda mano. Una stanzetta afosa, senz’aria, dove si
affastellano libri ovunque, non ci si può girare senza urtarne uno. Si trovano
romanzi rosa in edizione economica accanto a edizioni illustrate di
Dostoevskij, poi c’è il reparto “Berlino” con guide ed itinerari scritti 50,
60, 100 anni fa. I classici della letteratura tedesca sono in versione senza
copertina, con caratteri gotici e note a margine in matita, talvolta, vecchi
manuali scolastici fanno capolino dagli scaffali insieme a guide di cucina.
La mole di libri attutisce i
rumori del traffico sulla Greifswalder a pochi metri. Non so quanto sono
restata a rovistare tra gli scaffali, in un tetris di volumi senza troppo
ordine. Il libraio fa lo stesso in qualche angolo sul retro, non sembra curarsi
delle mie pericolose giravolte zainomunite che potrebbero far crollare le pile
di libri sul pavimento. A occhio non arriva ai 40 anni, dolcevita nero d’ordinanza,
ciuffo scuro su occhio chiaro, smilzo. Sarà l’ambiente, ma mi sembra che abbia
lo sguardo perso, che rincorre qualche fil rouge della sua immaginazione,
insomma che non potrebbe avere altro aspetto, se non quello che ha, come fosse
un dandy appena abbozzato dalla penna di un Wilde arrugginito.
B. è con me a rastrellare libri,
lo convinco a intascarsi “Il nome della Rosa” e il libraio intavola una
discussione sullo stile di Eco. Fuori l’autunno sembra tergiversare, le foglie
già rosse e vorticanti nell’aria per oggi sembrano fuori luogo, con il cielo
terso e una luce troppo intensa per essere autunnale. Per un euro e 20 ci
portiamo a casa una borsa piena di libri, alcuni magari resteranno a far
polvere per anni, altri probabilmente non riuscirò a finirli per ostacoli
linguistici. Eh sì, perché metà dei libri in vendita costano 1 E al chilo: il
dandy li impila su una bilancia da cucina e fa i calcoli a matita su un
pezzetto di carta, quasi fosse un profumiere con preziosi ingredienti, chino
all’ombra della sua bottega.
Ma mentre il fruttivendolo per
strada cerca di appiopparmi imperdibili zucche di stagione, non posso che
sorridere al fine settimana che mi strizza l’occhio promettente. Uscirò più
tardi per mantenere la promessa fatta alla bici.
Nessun commento:
Posta un commento