L´azzurro è il
colore del cielo. L´insegnante di scienze a suo tempo ha provato a spiegarmi
che c´entrava qualcosa la rifrazione delle onde elettromagnetiche, ma in questi
giorni non posso più crederle. Da quando sono in Germania, il cielo per me è
grigio o bianco, passando per tutte le possibili sfumature del lattiginoso,
plumbeo, ghisa, smorto, evanescente. Del
resto, in tedesco tendono ad usare sempre e comunque “blau”, anche quando noi
useremmo “azzurro”, quella parola dal suono così orientale, esotico, che evoca
solo a pronunciarla qualcosa che qui porterà forse solo l´apocalisse climatica
cui l´umanità lavora alacremente.
Sarà per questo
che quando qualcuno promette la luna, in tedesco promette “il blu del cielo”
(“das Blaue vom Himmel herunter versprechen”): sarei pronta a far carte false
per ipotecarmi uno sprazzo d´azzurro giornaliero, ma che dico, anche solo
settimanale. Oggi durante l´ennesima sortita in bici casa-lavoro, dalle lenti
appannate dei miei occhiali non distinguevo la linea fra Terra e cielo, tutto
un confuso bianco sporco che ho smesso da tempo di considerare poetico.
Non che la Bassa
Bergamasca sia una bucolica tavolozza di lapislazzulo e smeraldo: il grigio dei
capannoni piuttosto che dei fumi di varia natura si accanisce contro l´azzurro,
ma quello strenuo, resiste, e alle volte grazia la vista con un limpido
squarcio che arriva fino alle Prealpi.
Qui è più
bucolico che lì: basta uscire da quasi qualunque città (fatto salva, forse, la
zona della Ruhr) per imbattersi in boschi e campagna. Verrebbe voglia di “fare
blu”, ovvero bigiare il lavoro o gli impegni (“blau machen”). Così i probi
tedeschi, il cui riposo dopo il lavoro è sacro (Feierabend), ogni tanto si
concedono un “lunedì blu” (“Blauer Montag”), dimentichi di scadenze e to do
list. Certo in questo letargo dei sensi che mi provoca l´inverno, la voglia di
scampagnate è ridotta ai minimi termini, e mi sono comprata al mercato turco
una bella coperta azzurro sfavillante.
Del resto, si sa,
da una coperta turchese si sa mai che una fata turchina non esaudisca i miei
desideri e colori un po´questo cielo bigio: credo sia un desiderio più a buon
mercato che non quello di un aitante principe azzurro sul suo bianco destriero.
Sarà un caso che qui è un “principe delle favole” (Märchenprinz), cautamente
(almeno nella lingua) acromatico?
Percepisco la
stessa prudenza quando i tedeschi sono particolarmente euforici, perché non
bazzicano il settimo cielo, bensì si limitano a fluttuare sopra le nuvole
(“über allen Wolken schweben”), senza avvicinarsi troppo a quelle alte sfere
dove risiede, guarda un po’´, il Padre Celeste (tinta che qui, semplicemente,
meccanicamente è “himmelblau”).
Insomma l´azzurro
è merce rara da queste parti, per cui nessuna sorpresa se la meraviglia si
tinge di blu: “sein blaues Wunder erleben”. Più azzurri sono, mi pare, giusto
gli occhi degli abitanti, sia come frequenza, sia come intensità, che rimangono
tuttavia semplicemente “blau”. Sará per questo che quando la filano liscia, i
tedeschi se ne “escono con gli occhi azzurri” (“mit einem blauen Auge
davonkommen”)?
Cosa che, calcisticamente, non gli riesce molto proprio contro
gli “azzurri”: di noi, lo ammettano seppur a malincuore, hanno una fifa blu.
Magra consolazione, ma me la faccio bastare mentre scruto verso l´alto in cerca di quelle particelle rifratte in cui non ho piú fede.
Magra consolazione, ma me la faccio bastare mentre scruto verso l´alto in cerca di quelle particelle rifratte in cui non ho piú fede.
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