Tutto cominciò quando, sotto la
canicola, in coda per raggiungere il mare, mio papà si fermava per una
tappa ristoratrice. Sui tovagliolini dell’autogrill “buon appetito” era
inevitabilmente tradotto in varie lingue, fra cui il confortante “guten
Appetit”. Semplice, tanto da non richiedere alcuna contorsione
linguistica per tenerlo a mente. Poi, arrivata in Germania, ho dovuto
congedarmi dall’espressione che mi ricordava le vacanze dell’infanzia e
rassegnarmi a Mahlzeit. Tecnicamente significa
“tempo del pasto”, in realtà si usa per augurarsi il buon appetito. Per
tutta risposta, si ripete “Mahlzeit” e ognuno può avventarsi sulla
propria razione.
Del resto, tutto quanto ha a che fare con la scansione del tempo sembra essere corredo dello stereotipo teutone, un po’ la Weltanschauung
di questo popolo. Fra i banchi del liceo ci siamo imbattuti più o meno
tutti in questo vocabolo dall’affascinante doppia U, e un docente più o
meno convincente ci ha sempre scomposto la parola letteralmente in
“visione del mondo”. Il concetto è filosofico, indica una concezione
collettiva, non propria di un solo individuo. Per voler ripescare
un’altra espressione che durante le interrogazioni è un passepartout di
un certo pregio, è la “forma mentis” di una nazione, di un partito.
Del resto nelle ore di filosofia, siamo inciampati a turno anche nello Zeitgeist,
che io, naïve, associavo al più vivace e simpatico Poltergeist. Si
tratta, invece, dello “spirito del tempo”, non un peculiare essere
immaginario, ma la tendenza culturale di un epoca, quasi ad indicare
l’essenza di un periodo storico.
Quando invece si parla di una tendenza
ricorrente in un contesto più pragmatico, che sia un discorso o
un’opera, allora è bene lasciare le latitudini iperuranee e far ricorso
ad un altro termine tedesco, il Leitmotiv, nato in contesto musicale come “motivo trainante”.
Ad esempio, farsi una birretta serale è un leitmotiv del Feierabend.
A dispetto della combinazione (sera feriale), non si tratta di una sera
di un giorno di vacanza, bensì è il riposo quotidiano dopo le ore
lavorativo. Insomma, augurare un buon Feierabend equivale ad augurare
uno stacco netto dai crucci professionali, e non è male (seppur poco
realistico) pensare che ogni sera equivalga un po’ ad una festa.
Se Berlino offre innumerevoli opportunità per rendere ogni sera un po’ speciale, anche la Zweisamkeit
è un’opzione da contemplare. Tentando il neologismo di “dueitudine”, è
la perfetta armonia a due, di norma di coppia, l’ideale che i genitori
tedeschi tornano ad inseguire una volta che i rampolli sono tutti fuori
casa (e questo, statisticamente, dà loro dai 10 ai 15 anni in più per il
tentativo rispetto agli omologhi italici).
Per chi non avesse a disposizione un partner, niente Torschlusspanik:
è il panico dell’ultimo momento, di quando “la porta si chiude”: a
Berlino svariati party per gli Ü30 (über 30), blind date, case delle
coccole aprono i loro battenti per fugare questa paura. Pare indicasse
in origine l’ansia di chi, nel Medioevo, restava chiuso fuori dalla
città fortificata, in preda di banditi, oscurità e bestie feroci. Anche
qui a Berlino, questo concetto, in fondo, astratto, ha un risvolto molto
concreto: in ossequio al rispetto per la puntualità, spesso le porte di
bus e tram si chiudono senza scrupolo sui passeggeri dell’ultimo
minuto.
Saltare a bordo della metro è un’azione sempre scandita da un perentorio “Einsteigen, bitte”. E a salire a bordo è anche un Quereinsteiger,
che anzi proprio si mette di traverso (Quer= di traverso, Einsteiger=
salire): è chi si inventa un lavoro, un newcomer professionalmente
parlando, che lascia tutto per un nuovo ambiente, o che ne è obbligato
dalle infauste circostanze.
Per chi proprio non sapesse come
sbarcare il lunario, in corner si può tentare raccattando bottiglie
vuote un po’ dove capita: la concorrenza è spietata, ma la caccia al Pfand
qualche spicciolo lo può sempre portare. E basta fare un paio di volte
la spesa in Germania per familiarizzare con il deposito che si paga su
bottiglie di plastica e vetro, incentivo al riciclo e, tutto sommato,
anche all’autostima: buttando un vuoto per strada, non ci si sente più
colpevoli, ma anzi quasi magnanimi rinunciando a qualche centesimo per
lasciarlo a chi ne ha bisogno.
Magari, per i più sadici, gettare uno
sguardo a chi sta peggio di noi può perfino suscitare una certa,
compiaciuta gioia. E benchè siano i tedeschi ad ammettere che “Schadenfreude ist die schönste Freude, denn sie kommt von Herzen” (la
Scahdenfreude è la gioia più bella, perché viene dal cuore),
un’occhiata al web disvela che tante sono le lingue che hanno una
traduzione specifica di questo infausto concetto. Non la nostra, anche
se, pensandoci bene, un ghigno quasi mefistofelico mi distorce il volto,
quando mi beo perchè fra le parole che esportiamo noi senza possibilità
di traduzione c’è “pizza”.
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