sabato 28 luglio 2012

Pindaricamente sguazzando nelle fogne

Ieri ho capito che anche gli oggetti hanno un' anima. O, perlomeno, istinto al moto.

Ore 8.25, mi accingo a legare la bici alla rastrelliera davanti all'ufficio. Sequenze motorie ormai robotizzate, che uno crede non debbano mai più riservare sorprese.
E invece.
Il mio amato mazzo di chiavi, presagendo lo spirito olimpico, si è esibito in un doppio carpiato con elegante avvitamento finale e si è tuffato nel tombino di Wassergasse, 6.
Parabola senza sbavature, mi immaginavo il commentatore di RaiSport (Bizzotto, può essere?) in fregola per il virtuosismo tecnico. 
In pochi secondi ho visto sparire: chiave di casa, chiave dell'appartamento, transponder dell'ufficio, chiave del lucchetto. E la "M" in finto acciaio di cui il portachiavi si fregiava. 
In preda al panico, chiamo il tizio del bar farfugliando "mi sono cadute le chiavi in quel coso sulla strada dove sta l'acqua". Pronto accorre, e mi svela la parola del giorno "Gulli". Breve e simpatico, penserei ad un bel San Bernardo, ed invece è il vile tombino, colui che si è ingurgitato 50 E di transponder, 12E di lucchetto e circa una quindicina per la copia delle altre due chiavi.


Ripetendomi "Gulli" a mo' di mantra, busso al portone della nettezza urbana che sta giusto davanti a noi. Due energumeni si palesano, mi sento la piccola fiammiferaia. Biascicando in berlinese stretto, vengono e sollevano la grata manco fosse di carta velina.
"ah, scheisse, l'è andacia la quaia" mi dicono. Per colmo di fortuna, è un tombino di quelli senza fondo. Già mi vedevo a pescare con mano ardita fra i liquami a circa 50 cm, ed invece no, trattasi di gola profonda. In pausa pranzo il buon barista mi telefona, non capisco assolutamente come ha fatto, ma mi dice di aver tentanto la misurazione del fellone, e che è ben più di due metri.


Addio, mio caro mazzo. La capa prova ad intercedere affinchè mi sia risparmiato l'acquisto di un altro beeper, io sospiro di sollievo perchè,prevedendo l'intrinseca infedeltà degli oggetti, avevo pronta una copia di tutto e ho anche un lucchetto di scorta per la mia insostituibile graziella, macinatrice di km e sprezzante snobbatrice della BVG.

Ovviamente mi munisco di copia della copia. Al mastro chiavaio chiedo particolare attenzione, poi ahimè il portachiavi "M" è finito. Maledette Marlene, Marejke, Mathias e Manfred. Mi accontento di una W, con evidente sorpresa del chiavaio, che probabilmente non si era mai accorto che sembra una M al contrario. Ovviamente, la copia della copia non funziona, e mi accingo a tornare, sventolando lo scontrino, per esigere un cesellamento e regola d'arte. 

E dopo l'improvvisa dipartita delle vecchie chiavi, le sto immaginando che sguazzano nel sottosuolo berlinese. Così ho pensato di farci anche io una sortita (solo virtuale, per ora). 

Scopro così che è del 1869 il piano di dotare la capitale (allora di Prussia) di un sistema fognario, previa osservazione della rete di altre città europee che già ne avevano uno. Dopo svariato ponderare, i lavori cominciarono nel 1873, quando ormai Berlino era capitale del Regno di Germania. Oggi vi si conducono visite guidate, per una prospettiva nuova sulla città: in vari punti c'erano bunker per rifugiarsi durante i bombardamenti della II guerra mondiale. (qui per chi fosse incuriosito), fra cui quello del Führer: il 20 Aprile del 1945 ci festeggiò i suoi 56 anni, e 10 giorni dopo ci si suicidò. (qui una retrospettiva).


Scopro anche un' inquietante serie di cifre: nelle acqua berlinesi si rilevano tracce di oltre 3.000 farmaci, inclusi ormoni provenienti da contraccettivi orali. Si aggiunge poi che un miliardesimo di grammo di ormoni per litro è sufficiente a svalvolare i poveri pesci. Preferisco soprassedere e continuare ad abbeverarmi dal rubinetto, altrimenti dovrei passare a bere sola birra (qui molto meno cara dell'acqua in bottiglia) o bevande gassate (i tedeschi adorano le bollicine).

Infine, pindaricamente sguazzando nelle fogne, mi sovvengono ricordi d'infanzia, quanto aveva ragione il buon Proust. Ovvero, le tartarughe ninja. Già al liceo, con supponenza sentenziavo a mio fratello che i cartoni della mia epoca sì che erano seri, con Olli che per 3 puntate correva da una porta all'altra, Benji che sanguinava pur di parare un rigore, Lady Oscar che mi ha sempre creato seri problemi di identità sessuale. (postilla: sono rimasta basita scoprendo che parecchi Paesi europei, Germania compresa, il cartone di Olli e Benji non venisse trasmesso. Intere generazioni nate sotto Chernobyl si sono perse Mark Landers!)
Ma le tartarughe ninja. Scarichi radioattivi contaminano 4 tartarughine di fogna e un ratto appartenuto ad un maestro di arti marziali giapponesi. Le tartarughe hanno nomi dei grandi del Rinascimento e adorano la pizza da asporto. Diventano l' incubo della mafia (giapponese) di New York, addestrati dal loro saggio maestro topiforme. Decisamente, un cartone da 1986, radiazione docet. 

Mi sento, improvvisamente, decrepita. A breve andrò dalla mia diligente Gudrun e medito di disquisire di sistema fognario, del resto anche questa è lezione di civiltà. 
Seguendo i mille rigagnoli di Internet, sono anche capitata sul sito di una mostra di fotografie di...tombini. Eh sì, perhcè giustamente ogni chiusino ha il suo stile, il suo materiale, la sua epoca.




Nessun commento:

Posta un commento