giovedì 2 febbraio 2012

di malinconie proustiane, di Giorgio Celli & malefici prefissi

Vi ricordate il buon Giorgio Celli, quell´anello di congiunzione tra i primati e noi (presunti) sapiens sapiens? Quello che camminava fra tigri ed elefanti e mi ricordava moltissimo il barbuto Marco Polo delle mille lire della mia primissima infanzia, quando mia nonna la domenica mi mandava dal « prestiner » e riuscivo persino a comprarmi una barretta di cioccolato, mentendo sul prezzo delle due rosette che comprava, sempre le stesse, da decadi. E che ben sapeva non essere vittime dell´inflazione. (Poi é arrivato l´euro e l´era del romanticismo é tramontata, insieme alle mie domeniche in cascina, ogni volta che mangio polenta, l´effetto che la madeleine puciata faceva a Proust).

Ecco. Io con Giorgione (ma anche con mia nonna), ci sono cresciuta, sognando, un giorno, di passeggiare anch´io fra fiere digitalizzate in uno studio della Rai, interrogandomi sul perché i coccodrilli piangono.
E adesso me lo immagino che commenta il documentarietto che cercheró di propinarvi.
Perché con -15 gradi alle 8.30 di mattina, si tratta di mera sopravvivenza, le mie energie sono brutalmente concentrate e calibrate, intente nel solo obiettivo di conservare la mia carcassa integra ed intera. Immaginatevi quando sbicicletto alle 18.30, o dopo corsi / lezioni alle 22.00, quando non c´é nemmeno l´illusoria pietá dei raggi di sole e mi sembra che anche il sangue, solidificato, faccia l´effetto di quei tubi della pubblicitá, prima che intervenga Mr Muscolo. (Tutto ció mi rivela fin troppo crudamente quanto il potere della TV sia pervasivo, perfino a me che ne sono stata sempre una cautissima spiluccatrice  che qui manco ce l´ho. Oh,peraltro, la « RAI » di qua mi chiede gentilmente di informare se possiedo apparecchi radio-TV, ho paura che a breve verró prelevata per mancata comunicazione).  

Ogni mattina, a Berlino, una donzella si alza. Sa che dovrá pedalare. Velocemente, per ridurre il tempo di esposizione all´inferno di ghiaccio. Ma lentamente, per non potenziare gli effetti del vento. L´insidia piú tormentosa sono i semafori : beccare un´onda rossa equivale alla morte per congelamento. Avendola il darwinismo cinicamente privata di copertura pilifera adeguata, la donzella adotta la strategia comportamentale conosciuta come « fare il Michelin ». Prima di infilare l´uscita da casa, si infila una calzamaglia aderente, e sopra i pantaloni del giorno,che siano jeans o cos´altro. La tecnica stratificatrice vale anche per la parte superiore del corpo, ad imitazione delle Matrioska. Ogni strato é dotato di cappuccio, e la trinitá di cappucci diventa infine una grazie ad una sciarpona premuta sulla bocca e fin sotto gli occhi. Il colore prescelto é stile Tuareg, solo l´occhio velato di lacrime congelate sbuca, peraltro equinamente impedito nella visione laterale, per la ridotta mobilitá facciale.

I guanti sono essenziali, spessi, perderne uno riduce drasticamente le chance di sopravvivenza. Questo significa che ogni operazione « raffinata » richiede la mano nuda : lucchettare e slucchettare la bici, digitare un numero sul telefono, cambiare musica sul lettore mp3. La mano nuda, tuttavia, perde tutte le sue potenzializá ingegneristiche : il pollice non risulta piú essere opponobile e immancabilmente gli sms finiscono per essere mandati alla persona sbagliata, perché non si azzecca mail tasto giusto. (Le conseguenze sono meritevolissime di riflessione, un ventaglio di situazioni anche kafkiane, alle volte).

Anche il respiro non si deve dare per scontato. Innazitutto, meglio che tutto passi via narici, altrimenti in bocca é come inghiottire in un colpo solo tutto il secchiello del ghiaccio di uno spumante. Inoltre, chi é dotato di occhiali deve stare attentto a non appannarne le lenti, riducendo ulteriormente le potenzialitá visive. In tutto questo, anche i pedoni diventano piú pericolosi, anche loro rimbambiti dal freddo e resi ingombranti da giacche di pelo e stivaloni.

Ieri sera, complice una meta fuori dal moi gps mentale, avevo il solito post-it in mano, con uno schizzo preso da Google Maps. Non vi dico i guaiti che emettevo ogni volta che mi toccava sguantarmi per non frantumare il prezioso, anzi vitale pezzetto di carta. Perdere l´orientamento alle 11 di sera, dopo una cena a base di solo malto, priverebbe il regno animale della biodiversitá che una mia potenziale progenie garantirebbe.

Orbene, il lavoro mi distoglie dai miei umili tentativi di imitare « Il regno degli animali » (si chiamava cosí, vero ?). Ah,che rimpianti, altro che Licia Coló che sgagna un kinder parlando con un koala e con una bambina insopportabile, naturalmente entrambe biondissime e con l´iride piú celeste che si sia mai vista nella intera via Lattea.

Infine, una riga di nuovo consacrata ai prefissi. Che, stavolta sono stati malefici. Lo stesso verbo in tedesco, con davanti « auf » o « zu », significa, rispettivamente « aprire » o « chiudere ». Qualcuno di voi sa che in questo periodo ho fin troppi motivi per avere i neuroni superstiti a funzionamento ridotto, a mia parziale discolpa. Insomma, la mia giunonica capa mi ha chiesto di chiuderle lo zip del tubino (anche se il diminutivo pare davvero uno schiaffo al realismo), che non raggiunge per spiccata tridimensionalitá anteriore. Orbene, convinta che anche lei fosse a piú strati, la cerniera l´ho aperta, sbiottandola di fronte ai colleghi allibiti. CI sono stati due secondi in cui il recuperato barlume di ragione mi ha fatto pensare al ricovero psichiatrico, poi per fortuna tutto é finito in risate.

Dannati prefissi e freddo che mi rallenta il comprendonio.

1 commento:

  1. veramente Mir, lavorare con te deve essere il delirio..sto ridendo come uno scemo da solo in ufficio ahah

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