martedì 8 novembre 2011

For bici: tagliuzzati pensieri serali o della bellezza della dieresi

Berlino & bici: connubbio quanto mai azzeccato. Economico, salutare, piacevole. Qualche numero confortante, visto che ultimamente le cifre sono solo finanziarie e inquietanti: 620 km di pista ciclabile per circa il 12% (ma sempre in crescita) del traffico totale che passa sulle due ruote senza motore.

E anche io ho la mia brava gazzella dell'asfalto. Per la verità è un prestito a tempo indeterminato, mentre ancora carezzo l'idea di far trasmigrare la mia beneamata biruote arcenese, che qui troverebbe la valle dell'Eden.

Freni a pedale: dopo lo svezzamento da freno a manubrio, giorni durante i quali il rischio di morte aumenta esponenzialmente, si comincia ad apprezzarli. Lasciano le mani libere: di agguantare un panino al volo, di scaldarsi per induzione cingendo un cappuccino d'asporto, di segnalare le curve (anche le kurwy, che sono soprattutto in centro), di rispondere all'onnitrillante cellulare.

Regole: altra nota inizialmente dolente. Le piste ciclabili qui sono su marciapiede, su strada, miste. Sempre dotate di efficiente semaforo apposito e affollate di pedalatori immancabilmente più veloci di me. Il vero dramma sono le curve, perchè tendo ad inchiodare, rischiando un effetto domino che, porbabilmente, non potrei più raccontare sul blog.
La tolleranza per le titubanze è pari all'affidabilità dei bond italiani: un pedone che osi camminare sul sentiero risrervato alle bici può tirare un sospiro di sollievo se lo si riporta sulla retta via solo a suon di scampanellata e rimbrotto annesso. 

Naturalmente mi sono munita di catarifrangente lampeggiante da zaino e di catene, per la quotidiana lotta alla ricerca di qualche centimetro di transenna libero per parcheggiare il mio mezzo e ritrovarlo intero. Devo ancora pensare al fanale anteriore, e per farlo ho bisogno di una Innensechskantschraube Bauer und Schaurte. Per gli amici, Imbus o brugola. Il corredo del provetto ciclista comprende anche un sacchetto di plastica per riparare la sella dalle intemperie, una pompa a mano e un telo antipioggia che coprirebbe tranquillamente anche Giuliano Ferrara.

E poi il cartello

Sottovalutando la crucialità delle dieresi, mi chiedevo perchè si incitasse al vandalismo, visto che "schaden" significa danneggiare. Mi aspettavo che qualcuno mi spiegasse che era una pratica diffusa nella DDR per sfogare rancori repressi, rimasta in uso per folklore e contro i burn out del nuovo millennio.

Solo dopo una serie di vertebre slittate fuori posto, tributo all'altare della dieresi, ho penetrato l'arcano significato. Schäden sono i danni. Noi mettiamo i puntini sulle i, qui con due giocano al piccolo chimico semantico.


A riprova di quanto sia bike-friendly la città: BBBike per calcolare i tempi di percorrenza, scegliere strade con o senza semaforo, calcolare gli angoli di curva.  A riprova dell'intrinseca, fatale, inenarrabile bellezza della dieresi: il bar Ä , ma soprattutto: se Rimbaud fosse stato crucco, come avrebbe scritto la sua Voyelles?


ä: è chiaramente una smorfia di incredulità scocciata, e appunto si direbbe "eh?"
ö: indubbiamente un "ooooooooooh" di orobica memoria, una bocca spalancata dalla sorpresa
ü: morbido sorriso, forse con una nota leziosa, quel "uhmmm" sottaciuto ad una proposta che tocca le nostre corde più nascoste.
Fortuna che non hanno altri caratteri speciali sti crucchi, se no stanotte nessuna nännä.

2 commenti:

  1. non oso immaginare come sarebbe andato a finire un mio ipotetico corso di dizione in germania.
    Già scoprire che anche lì, in base a una vocale cambia il senso è terribile. Come in vietnam dove ci sono 4 diversi modi di pronunciare La, con 4 significati ovviamente. Confesso che già scrivendo sto usando il terzo orecchio per ascoltare mentalmente la mia pronuncia.

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  2. ah, piccola chicca, nonostante io sappia cosa significa Götterdämmerung, continua a suonarmi come una imprecazione e continuo ad utilizzarla così. Forse perchè ricorda troppo goddamnit?

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